27 agosto 2025
Aggiornato 22:30
La Sentenza del Tribunale di Firenze

Stragi '93, sentenza Tagliavia: Ci fu trattativa con lo Stato

L'iniziativa fu assunta da rappresentanti dello Stato. La conferma, secondo i giudici, verrebbe, ad esempio, dal ripensamento sul regime di carcere duro. Forza Italia collusa? Mancano le prove. Le vittime dei Georgofili: Ora si indaghi sulle Istituzioni

FIRENZE - Ci fu una trattativa tra Stato e Mafia, e ad avviarla furono proprio le istituzioni: è quanto si afferma nelle motivazioni della sentenza di condanna a Francesco Tagliavia, come co-autore delle stragi del '93. Secondo il Tribunale di Firenze, presieduto da Nicola Pisano, la trattativa «indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des».
L'iniziativa, si legge ancora, «fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia». La conferma, secondo i giudici, verrebbe, ad esempio, dal ripensamento sul regime di carcere duro: «Quei provvedimenti ablatori del regime del carcere duro, che oggettivamente, e al di là di qualsiasi interpretazione o proposito, in quel contesto potevano apparire come sintomo di un cedimento alla mafia».

Forza Italia collusa? Mancano le prove - Dal processo al boss Francesco Tagliavia, non sono emerse le prove che Forza Italia fosse in qualche modo collegata alle stragi di Mafia del 1993. E' quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna di Tagliavia, depositate dalla Corte d'Assise di Firenze«Le gravi affermazioni formulate da alcuni collaboratori» di giustizia «sul senatore Dell'Utri e su di un consapevole appoggio dato alla mafia dallo stesso Silvio Berlusconi e dal movimento politico da lui fondato ne '93, a quel che consta non hanno ricevuto una verifica giudiziaria, neppure interlocutoria». «Non ha trovato consistenza l'ipotesi secondo cui la nuova 'entita' politica'», Forza Italia, «che stava per nascere si sarebbe addirittura posta come mandante o ispiratrice delle stragi».
Secondo i giudici, per la mafia «tra la fine del '93 e i primi del '94 si affacciò la possibilità di avere nuovi interlocutori politici con le imminenti elezioni e il tramite adatto fu individuato in Vittorio Mangano, ritenuto in grado di interloquire con Marcello Dell'Utri, e questo a sua volta con Silvio Berlusconi di cui si intravedeva l'ascesa politica». Il processo Tagliavia lascia comunque «aperto ogni possibile scenario», nel quale, da un lato, «può essere accaduto che i contatti non si fossero estesi ai vertici della politica che si andava affacciando in quegli anni e, dall'altro, che le aspettative di 'cosa nostra' fossero state alimentate, e questa corte non può dire se con fondamento o meno, da uomini la cui vicinanza a Berlusconi era notoria come appunto Marcello Dell'Utri».

Vittime Georgofili: ora si indaghi sulle istituzioni - «La trattativa c'è stata: per la prima volta questo viene affermato in una sentenza fiorentina. Ora si deve andare avanti, ai più piani più alti delle istituzioni». E' questo il commento a caldo di Giovanna Maggiani Chelli, rappresentante dei familiari delle vittime della strage dei Georgofili, sulle motivazioni della sentenza di condanna del boss Francesco Tagliavia. «La sentenza conferma un po' tutto quello uscito nei vecchi processi, che già ne parlavano. La trattativa, l'hanno fatta le istituzioni -aggiunge Maggiani Chelli- loro si sono rivolte alla mafia e non viceversa». «Certamente l'intenzione era buona, ma la strada per l'inferno ne è lastricata. L'intenzione era di fermare le stragi, per fermare questa strategia stragista, ma non fermarono un bel niente».
Quanto all'attendibilità di Gaspare Spatuzza, Chelli ritiene che «le sue esternazioni sono state prese in considerazione, d'altra parte non spettava al tribunale dare giudizi su di lui, che afferma cose molto gravi. Il processo, non dimentichiamolo, era a Tagliavia». Sulle posizioni degli ex ministri Nicola Mancino e Giovanni Conso, le motivazioni tengono conto delle loro affermazioni e, conclude Maggiani Chelli, «dimostrano che non si è capito molto bene che cosa stessero facendo in quei drammatici giorni». Adesso, chiede l'associazione, «si devono chiamare a giudizio i piani alti delle istituzioni di quel periodo».