24 giugno 2025
Aggiornato 03:30
Politiche Vaticane

Papa, la breve storia del feuilleton Vaticano sul complotto

Il protagonista, il cardinale Dario Castrillon Hoyos, è noto alle cronache vaticane. Colombiano di Meddelin, 82enne, fautore della messa in latino, il porporato al centro di un «feuilleton» su un presunto complotto di morte ai danni del Papa

CITTÀ DEL VATICANO - Il protagonista, il cardinale Dario Castrillon Hoyos, è noto alle cronache vaticane. Colombiano di Meddelin, 82enne, fautore della messa in latino, il porporato al centro di un «feuilleton» su un presunto complotto di morte ai danni del Papa è stato presidente della Congregazione vaticana del clero e poi della Pontificia commissione Ecclesia Dei che cura i rapporti con i lefebvriani. Incarico lasciato nel 2009 per raggiunti limiti di età dopo un incidente diplomatico. Quando il Papa decise la revoca della scomunica ai quattro vescovi seguaci di Lefebvre, a gennaio di quell'anno, i cronisti non fecero molta fatica a scovare su internet un'intervista nella quale uno dei quattro, il britannico Richard Williamson, minimizzava la shoah e negava l'esistenza delle camere a gas. In una lettera ai vescovi di tutto il mondo il Papa spiegò che la Curia romana avrebbe dovuto utilizzare meglio il web. Peccato che Castrillon nel 2007 aveva rilasciato un'intervista a Panorama nella quale rivelava di essere un appassionato di computer e internet. Se c'era qualcuno che avrebbe potuto evitare la figuraccia a Benedetto XVI, e non lo fece, era proprio Castrillon.

Le presunte posizioni sui preti pedofili - Passano pochi mesi e, nell'aprile del 2010, nel pieno della tempesta sulla pedofilia dei preti, il sito francese Golias tira fuori una lettera nella quale, nel 2001, Castrillon Hoyos, all'epoca responsabile della Santa Sede per il clero, si congratulò con il vescovo francese Pierre Pican che, per non denunciare un prete pedofilo, si fece tre mesi di carcere: «Mi congratulo con lei di non aver denunciato un prete all'amministrazione civile. Lei ha agito bene e mi felicito di avere un confratello nell'episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo avrà preferito la prigione piuttosto che denunciare il suo figlio-prete». Vigorosa la smentita del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, che spiegò senza mezzi termini che la lettera del porporato colombiano «non rappresenta la linea presa dalla Santa Sede», anzi era la «riprova» dell'opportunità delle norme introdotte nel 2001 dall'allora cardinale Joseph Ratzinger e da Papa Wojtyla. Indomito, Castrillon affermò che Wojtyla aveva personalmente approvato la sua missiva, inoltrata peraltro ai vescovi di tutto il mondo. Sempre sul capitolo «pedofilia», è ancora una volta Castrillon Hoyos al centro della polemica scoppiata qualche mese fa tra Santa Sede e Irlanda. Il premier Enda Kenny ha infatti polemizzato con la Santa Sede - ed ha poi chiuso l'ambasciata irlandese in Vaticano - in polemica con un intervento del 1997 della Congregazione del clero (guidata, appunto, dal colombiano) nella quale si contestava che l'idea di rendere obbligatoria la denuncia dei sacerdoti pedofili alle autorità civili, ipotizzata dall'episcopato irlandese, «solleva serie riserve di natura sia morale che canonica».
Non è difficile, allora, capire perché la lettera in tedesco che proprio Castrillon Hoyos avrebbe recapitato al Papa su voci relative alla sua prossima morte, pubblicata oggi dal Fatto quotidiano, non è stata presa molto sul serio in Vaticano. «Si tratta evidentemente di farneticazioni che non vanno prese in alcun modo sul serio», è stato il commento definitivo del portavoce vaticano Lombardi.