23 aprile 2024
Aggiornato 12:00
Governo | La strana maggioranza

Il PD avverte Monti: Così non va. Ma il Premier rilancia

Pier Luigi Bersani è molto, molto contrariato per come stanno andando le cose, il voto di ieri sulla giustizia, il colpo di mano del centrodestra sulla Rai, gli strappi di Monti e Fornero sul mercato del lavoro preoccupano assai i vertici del PD

ROMA - Così non va, non può essere sempre il Pd a fare «sacrifici», il presidente del Consiglio deve farsi garante del comportamento di tutti i partiti che sostengono il Governo, anche perché se salta quel tacito accordo di reciproco rispetto è difficile tenere a bada il partito e per il Governo potrebbe diventare molto complicata la vita in Parlamento. Pier Luigi Bersani è molto, molto contrariato per come stanno andando le cose, il voto di ieri sulla giustizia, il colpo di mano del centrodestra sulla Rai, gli strappi di Monti e Fornero sul mercato del lavoro preoccupano assai i vertici del Pd, che temono di vedersi relegati nel ruolo di «portatori d'acqua» di questo esecutivo. Bersani è anche consapevole che c'è pure molta tattica nell'atteggiamento del Governo, e nello stesso Pd tanti ultimatum servono soprattutto a «piantare bandierine», ma il segretario democratico vede anche bene un rischio: che la situazione sfugga di mano al Governo, fino a rendere ingestibile il Parlamento. E non è un caso che l'irritazione del Pd sia stata fatta filtrare dopo le nuove dichiarazioni alla stampa del presidente del Consiglio, un rilancio di cui al Nazareno non sentivano affatto il bisogno.

Giovedì sera, il segretario democratico aveva fatto le sue rimostranze al presidente del Consiglio, il capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini aveva avvertito del rischio di un voto in ordine sparso, puntualmente verificatosi. E ieri Bersani è andato ad esporre l'allarmante quadro della situazione al capo dello Stato Giorgio Napolitano, che a sua volta voleva capire cosa sta succedendo: il Pd è leale, ha ripetuto Bersani, ma la responsabilità ci vuole da parte di tutti, altrimenti il quadro non regge. Non una minaccia, da parte di Bersani, semmai una facile previsione: su troppi 'dossier' il Pd ha finora dovuto fare di necessità virtù, l'imperativo di salvare il Paese dal crollo ha costretto i democratici ad accettare già diverse spiacevoli sorprese e se addirittura adesso il Pdl si permette di tenere le mani libere sulle 'sue' questioni, la situazione diventa incontenibile. Chi, se le cose restano così, avrà la forza di controllare gli oltre 200 deputati e i più di 100 senatori democratici? Un conto è fare un paziente lavoro nei gruppi parlamentari a fronte di una comune assunzione di responsabilità, altro sarebbe convincere deputati e senatori Pd a non presentare migliaia di emendamenti se continuassero i 'blitz' del centrodestra e le sparate del Governo.

Il Pd non ha certo intenzione di mettere a rischio Monti, ma se parte la guerra degli emendamenti in Parlamento, per il Governo la vita diventa molto difficile. Certo, c'è sempre la fiducia, ma il quadro politico rischia di logorarsi rapidamente. Questo è il timore di Bersani, espresso al capo dello Stato e anche al presidente del Consiglio. Dice Matteo Orfini, uno dei due esponenti della segreteria a cui oggi è stato affidato il compito di parlare a nome del partito: «Spesso gli atti del Governo, alla fine, non corrispondono alle bozze che vengono fatte circolare, alle dichiarazioni... Forse un minor numero di dichiarazioni renderebbe più facile e più produttivo il percorso dell'azione di governo. E' meglio che un governo tecnico eviti di giocare con la tattica, anche perché spesso, come si è visto ieri, i politici sono più bravi su questo terreno».

Paolo Nerozzi, senatore Pd ed ex Cgil, ieri commentava così le uscite del Governo sull'articolo 18: «Sono un po' presuntuosi, si sentono troppo sicuri. Ma questa volta non è come con le pensioni, se il Governo va avanti senza i sindacati in Parlamento... la pazienza non è infinita».
Certo Nerozzi non è il Pd, è un senatore del partito molto vicino alla Cigl. Ma su queste posizioni in questo momento c'è tutta l'ala 'sindacale' del partito: Cesare Damiano, Sergio D'Antoni, lo stesso Giuseppe Fioroni, molto vicino alla Cisl. Finora, come ammettono al quartier generale del Pd, in molti casi sono 'posizionamenti'. Ma se non si abbandona la «tattica», appunto, il rischio è che i «posizionamenti» diventino ingestibili nelle aule. E Bersani vuole evitarlo.