3 ottobre 2025
Aggiornato 03:00
Politica estera | Relazioni Italia - Libia

Monti a Tripoli, l'Italia ora punta sul dopo-Gheddafi

Il Premier accompagnato dai ministri degli Esteri e della Difesa, Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola, Monti presiederà alla firma di una serie di accordi soprattutto in materia di sicurezza e ricostruzione

TRIPOLI - E' con un messaggio politico ben preciso che il presidente del Consiglio Mario Monti andrà oggi a Tripoli per incontrare il capo del governo provvisorio Abdel Rahim Al Kib: l'Italia intende collaborare concretamente alla transizione democratica del post-Gheddafi, mettendo l'accento - in questa delicata fase - sul rispetto dei diritti umani. Accompagnato dai ministri degli Esteri e della Difesa, Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola, Monti presiederà alla firma di una serie di accordi soprattutto in materia di sicurezza e ricostruzione.

E' passato poco più di un mese da quando Monti ricevette a Roma (il 15 dicembre) il presidente del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi Mustafa Abdul Jalil: con lui, il premier aveva annunciato la «riattivazione» del trattato bilaterale di amicizia firmato il 30 agosto 2008 da Berlusconi e Gheddafi, e congelato durante la guerra. Il trattato - che prevede che l'Italia finanzi opere pubbliche in Libia per 5 miliardi di dollari in 20 anni - resterà però sullo sfondo dei colloqui di oggi.

I contatti operativi sui temi principali dell'accordo - dalle commesse pubbliche in materia di infrastrutture e petrolio alla lotta contro l'immigrazione clandestina - saranno infatti rinviati a una seconda fase con una visita del ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera accompagnato dagli imprenditori (probabilmente già in febbraio, ndr), e una missione del ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri.

Per il momento, hanno riferito fonti di palazzo Chigi, Monti e Al Kib intendono firmare una dichiarazione congiunta (Tripoli Declaration) in cui «si ribadisce il sostegno dell'Italia al processo di transizione politica in atto, con un chiaro riferimento ai diritti umani». In particolare, hanno spiegato le fonti, l'Italia «vorrebbe spingere i libici a far riprendere quanto prima le attività dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)», il cui ufficio era stato chiuso per volontà dell'ex rais.