19 aprile 2024
Aggiornato 20:30
La madre di Chiara Poggi chiede «Giustizia»

Delitto di Garlasco, martedì al via l'Appello per Alberto Stasi

A poco meno di due anni dal giorno in cui il gup di Vigevano lo assolse per l'omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto del 2007, per l'ex fidanzato della vittima, Aberto Stasi, unico indagato per la sua morte, si apre martedì a Milano il processo di appello

MILANO - Ritorna l'accusa. A poco meno di due anni dal giorno in cui il gup di Vigevano lo assolse per l'omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto del 2007, per l'ex fidanzato della vittima, Aberto Stasi, unico indagato per la sua morte, si apre martedì a Milano il processo di appello. Voluto dal pm di Vigevano che per primo condusse le indagini e la cui tesi non venne accolta dal gup, dalla famiglia di Chiara e dal pg di Milano Laura Barbaini.

Martedì saranno presenti i genitori di Chiara, Giuseppe e Rita Poggi, e il fratello. «Fiducia», «voglia di giustizia e verità per sua figlia» sono i sentimenti che accompagnano la madre Rita dentro l'aula. Per lei c'è solo Chiara e la sua famiglia, nulla ha da dire su Alberto: «parlano gli atti», ripete. E anche Alberto, che nei giorni scorsi si è già riunito nello studio dei suoi legali, si presenterà all'appuntamento che potrebbe rivelarsi puramente tecnico. E che si terrà senza pubblico. In occasione dell'inizio del processo alcune testate avevano richiesto di poter assistere all'udienza.
A questa richiesta, secondo quanto si apprende, i legali di Stasi hanno inviato una comunicazione per sottolineare che l'udienza è in camera di consiglio e non prevede la presenza di alcuno eccetto le parti. Dentro l'aula della II Corte d'Assise d'Appello, il cui collegio sarà presieduto da Anna Conforti, la lettura di una relazione sposterà indietro le lancette del tempo, per ripercorrere quanto accaduto quell'afoso giorno di agosto di 4 anni fa. E quanto sarebbe accaduto in seguito. Il fidanzato di Chiara, Alberto, allora 24enne, indicato dall'accusa come autore del delitto, e poi assolto «per non aver commesso il fatto» dal gup Stefano Vitelli, con il rito abbreviato (durato 10 mesi), scelto dall'indagato che prevede si decida, in sostanza, sulla base degli atti. Al termine delle lunghe motivazioni il magistrato arrivava a considerare «il complessivo quadro istruttorio» sia «contradditorio» che «altamente insufficiente» a dimostrare la colpevolezza dell'imputato oltre ogni «ragionevole dubbio».

Il gup, non senza puntare il dito contro gli errori investigativi commessi, analizzava ad uno ad uno gli indizi. Se le scarpe di Stasi, per esempio, non mostravano tracce di sangue e quindi secondo l'accusa ciò dimostrava che non potesse essere entrato sulla scena del crimine (quindi descrivendo dettagli che solo l'assassino poteva aver visto), secondo il gup vi sono prove scientifiche che possono avvalorare il fatto che lui non abbia mentito. Ancora: non vi è prova che i due fidanzati la sera prima dell'omicidio avessero avuto una discussione, secondo il gup. Che continuava: se l'ipotizzato movente immaginava che Chiara potesse aver visto nel computer di Stasi, immagini che avrebbero potuto provocare una discussione, le prove scientifiche hanno messo in evidenza che Chiara non potesse aver visto il materiale pedopornografico sul computer del fidanzato, ma al massimo materiale erotico di cui era a conoscenza.

La sentenza in questione si sofferma sulla dimostrazione degli errori degli inquirenti, attacca invece il pg nel ricorso, «dimenticandosi di dover dedicare altrettanta attenzione alla parte ricostruttiva». «Perde di vista» scrive il pg «la dinamica del fatto» che «risulta del tutto incompatibile con l'ipotesi del soggetto terzo, autore dell'omicidio». «Perde di vista» continua il pg, che Alberto «è in realtà rimasto senza alibi» tra le 9,12 e le 9 e 35: indicata dalla sentenza come ora probabile della morte. Perde di vista le modalità dell'omicidio che si può dividere in tre fasi: l'aggressione, altri colpi e infine una spinta del cadavere (forse un calcio) per farlo scivolare già dalle scale. Non ci sono segni di effrazione. Nel bagno non ci sono tracce di «sconosciuti» eccetto quelle di Stasi. Non analizza, incalza l'accusa, «la natura dei rapporti di Stasi con i genitori, di cui teme il giudizio». La sentenza non esplora il dato che essi dovevano rimanere estranei alla passione di Alberto per la pornografia, e non lo lega al movente «neppure dopo aver dato atto che Chiara era l'unica a dividere il segreto con Alberto».
Anche per questo, la Barbaini chiede la condanna dell'imputato, la rinnovazione della perizia sul percorso, sulle suole, e informatico. Parla invece di «eccesso di protezione dei diritti dell'imputato che ha finito per calpestare i diritti della vittima e dei suoi famigliari» il ricorso della famiglia Poggi, che la madre di Chiara si era recata personalmente a depositare, dopo la sentenza di primo grado. Viene definita «ultragarantista» la visione con cui in primo grado «si sono voluti interpretare tutti gli indizi a carico di Alberto Stasi». Si chiede, tra l'altro la rinnovazione della perizia sulle scarpe, e l'analisi di un capello biondo, di 1,2 cm trovato nella mano sinistra di Chiara. In sostanza, il gup, secondo la parte civile, nel concentrarsi nell'ottica di verificare la tesi accusatoria (sottolineandone le lacune) «non si è accorto che 'tutta la costellazione di indizi' converge sistematicamente su Stasi» senza possibili scenari alternativi. Parti che si oppongono a d un'assoluzione piena. La battaglia riprenderà davanti alla Corte d'Assise d'Appello.