28 agosto 2025
Aggiornato 02:30
Pannella: Berlusconi sarà fatto fuori da «Firmigoni»

Firme false: Formigoni, acrobazie di legulei, ho preso il 57% voti

Il Presidente della Lombardia: «E' la gente che decide chi deve governare». Il Pd attacca, ma per il Pdl non ha le carte in regola. Intanto i Radicali di Milano chiedono l'intervento di Napolitano

MILANO - Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, liquida con poche parole la notizia dell'avviso di conclusione indagine, preludio della richiesta di rinvio a giudizio, nell'inchiesta sulle firme false per la presentazione del listino bloccato «Per la Lombardia» alle elezioni regionali del 2010: «Ho già risposto ieri. Sereno lo sono sempre stato perché in Italia vive e vige la democrazia e in democrazia è la gente che decide chi deve governare. In Regione Lombardia la gente ha deciso Formigoni con il 57%, con un distacco di oltre 20 punti sul secondo. Questo è il dato che interessa la gente, le altre sono acrobazie di legulei».
Intervenuto a margine di un vertice di maggioranza sul bilancio regionale, il presidente lombardo ha aggiunto: «C'è un giudice imparziale che alla fine deciderà, prima è inutile chiacchierare».

Pannella: Berlusconi sarà fatto fuori da «Firmigoni» - A far «fuori» politicamente Berlusconi sarà Formigoni, anzi «Firmigoni». La pensa così Marco Pannella, leader dei Radicali, che oggi è stato ospite del programma di Radio2 Un Giorno da Pecora.
E' vero che nel 1988 lei diede il suo stipendio di parlamentare ai giocatori dello Zambia, che batterono a calcio l'Italia? «Si, credo che se lo fossero meritato». E oggi a chi darebbe il suo stipendio? «Sul piano dei poveracci lo darei a Silvio Berlusconi, che ormai è uno dello Zambia. Perché i suoi lo vogliono far fuori per fare una bella unità nazionale con i soci di sinistra», dietro questo progetto Pannella vede il governatore della Lombardia «'Firmigoni'».

Pd attacca, ma per il Pdl non ha le carte in regola - Il gruppo del Pd nel Consiglio regionale lombardo ha attaccato il centrodestra sulla vicenda delle firme false a sostegno del listino bloccato 'Per la Lombardia' in occasione delle elezioni regionali del 2010, ma il Pdl ha replicato a muso duro: abbiamo dimostrato che le irregolarità contestate a noi sono le stesse delle firme raccolte a suo tempo dal Pd.
Tutto nasce da una dichiarazione del capogruppo Luca Gaffuri: «Formigoni deve chiedere scusa ai lombardi e ammettere che quello che sta dicendo da un anno e mezzo non corrisponde probabilmente a verità. Vi sono sì delle responsabilità di carattere personale da parte degli autenticatori, ma vi è una responsabilità politica da parte di Lega e Pdl. Sin dall'inizio noi avevamo dubitato della veridicità della raccolta delle firme, visto che le liste sono state chiuse fuori tempo massimo, in particolare per sistemare il famoso listino bloccato».
«Gaffuri non ha molto da parlare. Abbiamo già dimostrato l'anno scorso in più di un'occasione - ha replicato il capogruppo del Pdl Paolo Valentini - che le firme raccolte dal Partito democratico manifestavano le stesse irregolarità contestate alla lista Per la Lombardia, ed erano tra l'altro a sostegno di un candidato che ha i problemi di cui tutti siamo a conoscenza in questi giorni», cioè Filippo Penati.
Ben più duro di Gaffuri era stato il consigliere del Pd «rottamatore» Giuseppe Civati: «La storia delle firme false è un vero e proprio scandalo verso il quale lo stesso Formigoni, il Pdl e la Lega non possono più continuare a far finta di niente».
Si è trattata, a suo parere, «di una macroscopica violazione delle regole democratiche, solo per far posto, nottetempo, come d'abitudine, agli amici di Berlusconi nel listino. Formigoni e il centrodestra la smettano di minimizzare e si assumano le proprie responsabilità».

I Radicali di Milano chiedono l'intervento di Napolitano - Gli esponenti milanesi del Partito Radicale lanciano un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano perché intervenga sulla vicenda delle presunte 926 «firme false» tra quelle a sostegno delle liste di Roberto Formigoni e del Pdl per le elezioni regionali lombarde del marzo 2010. Il giorno dopo la notifica della chiusura indagine con 15 indagati (tra cui quattro consiglieri provinciali di Milano del Pdl), in un gazebo allestito in piazza Cordusio a Milano, Marco Cappato e Lorenzo Lipparini hanno sottolineato il rischio che «se non ci sarà una procedura d'urgenza la sentenza del procedimento civile arriverà dopo la fine naturale della legislatura di questo Consiglio regionale abusivo».
Oltre a spiegare che gli indagati sono i presunti «esecutori materiali del falso, ma che non sono stati individuati i mandanti politici», Cappato e Lipparini chiedono al Capo dello Stato di intervenire perché il giudizio in sede civile arrivi in tempi brevi, dopo la decisione della Corte costituzionale che autorizza solo il giudice civile a verificare la veridicità delle firme per la presentazione di liste e candidati alle elezioni. Decisione questa che rischia di allungare a dismisura i tempi del giudizio, dato che la giustizia civile è ancora più ingolfata di quella penale. Per i radicali dunque c'è il rischio concreto che diventi «impossibile ottenere giustizia contro una qualsiasi, anche se gravissima, truffa elettorale prima della fine del mandato di chi è stato eletto grazie a quella truffa, ad ogni livello locale o nazionale che sia».