16 aprile 2024
Aggiornato 17:00
Il Cavaliere intravede la «manina» di Fini dietro il tentativo di ribaltare il Governo

Berlusconi lima il discorso, ma sfida Tremonti sullo sviluppo

La guerra dei numeri parlamentari sulla fiducia sembra meno intensa di quel 14 dicembre. Il Premier: «Colle equilibrato, Fini no». Scajola: «Sì alla fiducia, ma poi i gruppi»

ROMA - La data è la stessa, il 14, anche se stavolta di ottobre. La guerra dei numeri parlamentari sulla fiducia sembra meno intensa di quel 14 dicembre. Ma, oggi come allora, un ruolo centrale nella vicenda spetta giocoforza al Colle, il cui atteggiamento è definito dalle parti di palazzo Grazioli «impeccabile, puntuale, terzo, inappuntabile». E, oggi come allora, il premier Silvio Berlusconi è intenzionato a pronunciare un discorso che eviti toni particolarmente virulenti, rilanciando riforme e promettendo un impegno per lo sviluppo che neanche un faccia a faccia con Giulio Tremonti è riuscito a definire nei contorni. Anche oggi, infine, il Cavaliere intravede la 'manina' di Gianfranco Fini dietro il tentativo di ribaltare il governo, il bis del 14 dicembre 2010.

Scajola: «Sì alla fiducia, ma poi i gruppi» - Mentre il Cavaliere a sera mette nero su bianco con Gianni Letta e Fabrizio Cicchitto il discorso programmatico sul quale chiederà la fiducia, in un altro ufficio nel centro della Capitale Claudio Scajola riunisce per l'ennesima volta in poche ore i suoi parlamentari. Sul piatto c'è la nascita di un gruppo parlamentare autonomo (o di una componente del Misto, per la quale bastano dieci deputati), che potrebbe diventare realtà nelle ore successive al voto di fiducia, se Berlusconi non favorisse la transizione con un allargamento della maggioranza o con un esecutivo di centrodestra guidato un nuovo premier. L'ex ministro intende insomma assicurare la fiducia all'esecutivo, magari dando vita poco dopo allo strappo con il Pdl, di certo preannunciando che fin dal dl sviluppo il sostegno non sarà più scontato.

Berlusconi, dal canto suo, ha delegato a Denis Verdini i contatti con i gruppuscoli di dissidenti che premono alle porte di via dell'Umiltà, terrorizzati da un eventuale voto anticipato. Uno spettro alimentato dalle voci di un patto Berlusconi-Bossi per una crisi a cavallo del 2011 ed elezioni nel 2012, con l'attuale legge elettorale. Ma domani la partita è diversa, il premier deve assicurare un percorso sicuro fino al 2013 ai tanti peones chiamati a sostenerlo. «Sarebbe da irresponsabili - dovrebbe sostenere Berlusconi - provocare la caduta di questo governo che sta affrontando la crisi. E sarebbe da irresponsabili andare a elezioni anticipate». Nel suo intervento il premier dovrebbe inoltre promettere un percorso di riforme, al termine del quale sarà possibile intervenire sulla legge elettorale. Nel contempo farà appello alla responsabilità e all'amicizia che lo lega all'intero Pdl, ex azzurri compresi.

Ma su un punto il premier sa di giocarsi molto, il dl sviluppo. Berlusconi ha lasciato intendere a Tremonti di essere intenzionato ad annunciare in Aula il varo di un decreto che non sia a costo zero. Si tratterebbe della sconfessione di quanto più volte annunciato dal ministro dell'Economia. Per questo si è rese necessario il faccia a faccia odierno. Il super ministro, secondo fonti del Pdl, avrebbe svolto con il premier questo ragionamento: Condoni non se ne possono fare, fatemi capire dove prendete i soldi. Alla fine l'esito del colloquio sarebbe stato interlocutorio e Berlusconi avrebbe prospettato fra le soluzioni quella di ottenere risorse dal maggiore impiego dei privati in alcuni settori, come quello dei trasporti e della viabilità.

Si vedrà domani cosa avrà prodotto il vertice serale a Palazzo Grazioli. Di certo c'è che, ad ascoltare diverse fonti pidielline, il premier avrebbe gradito l'atteggiamento del Colle, definito «imparziale e terzo». Stigmatizzando, di contro, quelle che definisce «manovre di Fini». Il Presidente della Camera, sarebbe l'opinione del Cavaliere, si sarebbe mostrato ancora una volta «un giocatore, più che un arbitro». A Grazioli si sarebbe valutata anche la possibilità di organizzare una contestazione del Presidente di Montecitorio. Ipotesi, però, per ora riposta nel cassetto.