28 agosto 2025
Aggiornato 01:30
Massimo attivismo del Capo dello Stato

Il Colle chiede a Berlusconi certezze: serve credibilità

Giornata densa per Napolitano, preoccupato per la tenuta della maggioranza. Nel pomeriggio colloquio con Fini. Verso nuovo ddl su rendiconto

ROMA - La giornata è di quelle che richiedono un ruolo di massimo attivismo al Capo dello Stato. All'indomani della bocciatura dell'articolo 1 del rendiconto generale dello Stato da parte della Camera, Giorgio Napolitano, di buon mattino, sottolinea con forza in una nota i suoi «interrogativi» e le sue «preoccupazioni» per lo stop parlamentare a un provvedimento così fondamentale per il bilancio dello Stato. Ma si tratta di preoccupazioni che vanno al di là dell'incidente di Montecitorio, che evidentemente è solo l'ultimo - in ordine temporale - di un elenco di «acute tensioni in seno al governo e alla coalizione», mette nero su bianco il Colle. E da qui l'interrogativo: viste le «incertezze nell'adozione delle decisioni dovute o annunciate», quanto può reggere una situazione del genere? Che garanzie ci sono sulla tenuta della maggioranza, considerati gli «impegni e gli obblighi europei» dettati dalla crisi economica che morde sempre più le economie della zona euro?
Temi sui quali il Capo dello Stato ha avuto modo di riflettere anche al convegno su Italia e l'economia internazionale nei 150 dell'unità organizzato oggi nella sede di Bankitalia. Lasciando poi Palazzo Koch Napolitano ha avuto un breve scambio di battute con il governatore uscente e presidente designato della Bce, Mario Draghi. E ai cronisti che gli chiedevano Come sta l'Italia, ha risposto: «Ne stanno parlando di sopra...», al convegno ancora in corso.

Il Premier deve dare una risposta credibile - Ma le domande sulla tenuta del governo di fatto il presidente della Repubblica le rivolge al premier Silvio Berlusconi. Per la verità, si tratta di questioni che aveva già avuto modo di affrontare con il Cavaliere nell'incontro al Colle del 21 settembre scorso, alla vigilia del voto della Camera sull'arresto di Marco Milanese, ex braccio destro di Tremonti coinvolto nell'inchiesta sulla presunta P4. Allora, il premier garantì sulla tenuta della sua maggioranza, quella arricchita del nuovo apporto dei Responsabili e certificata dal voto di fiducia di giugno, come la stessa nota del Colle ricorda, azzardando l'interrogativo se appunto questa nuova coalizione «sia in grado di operare con la costante coesione necessaria». Insomma, ora, il premier non può più cavarsela con vaghe rassicurazioni. Lui, in quanto soggetto «costituzionalmente responsabile» insieme al «Parlamento» deve dare «una risposta credibile», chiede il Quirinale. E la richiesta diventa più esplicita nella seconda nota diramata dal Colle in giornata.

Nel pomeriggio Fini è salito al Quirinale - Nel pomeriggio infatti il presidente della Repubblica riceve la terza carica dello Stato, Gianfranco Fini, che sostanzialmente si reca al Colle per spiegare la posizione dei capigruppo di opposizione, i quali continuano a chiedere le dimissioni del presidente del Consiglio dopo il ko di ieri, minacciando di lasciarlo solo in Aula domani quando prenderà la parola. Più tardi, Pd, Terzo Polo e Idv confermeranno la scelta dell'Aventino, come i parlamentari anti-fascisti dopo il rapimento di Giacomo Matteotti. Dopo il colloquio con Fini, Napolitano fa diramare una seconda nota in cui ringrazia il presidente della Camera per averlo «messo al corrente» delle ragioni di una parte del Parlamento. E poi ribadisce un po' le sue prerogative, che - pur nella preoccupazione per la cornice politica con cui l'Italia affronta la tempesta della crisi economica - si fermano dove iniziano le deliberazioni del Parlamento.
E quindi, recita la nota, tocca «al presidente del Consiglio indicare alla Camera, nell'annunciato intervento di domani, la soluzione che possa correttamente condurre alla dovuta approvazione» del rendiconto dello Stato e dell'assestamento di bilancio. «Sulla sostenibilità di tale soluzione sono competenti a pronunciarsi le Camere e i loro Presidenti».

Insomma, non si può costringere il Premier a dimettersi. Come ha sempre ribadito Napolitano, i governi «si misurano» in Parlamento con i numeri e stavolta l'occasione per quantificarli sarà il voto di fiducia di venerdì prossimo. Quanto al rendiconto, si apprende da fonti di Montecitorio che, per sciogliere l'impasse, il governo potrebbe presentare un nuovo ddl avviandone l'iter in Senato e in seconda lettura alla Camera.
Molto rumore per nulla? Il pressing del Quirinale sul governo è ai massimi, ma la soluzione sta nelle mani del premier e della sua maggioranza, se ancora ce l'ha.p>