26 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Governo | Maggioranza

Berlusconi non gradisce l'intervento di Napolitano: «Affondo a freddo»

Per il Premier le parole su Lega e legge elettorale «destabilizzano» l'Esecutivo

ROMA - L'ha giudicato un attacco «a freddo». Un chiaro segnale che porta con sé il rischio di destabilizzare la coalizione di governo. Silvio Berlusconi non ha per nulla gradito l'intervento del capo dello Stato, al pari di un Pdl convinto che le parole del Colle sulla legge elettorale, Lega e l'inesistente 'popolo padano' rischino di trasformarsi in un fattore di rischio per la tenuta dell'esecutivo. Nel migliore degli scenari, si fa notare in casa pidiellina, il passaggio dedicato al sistema del voto può essere letto come nuova linfa alle ragioni dei referendari. Proprio quel referendum tanto temuto soprattutto in via dell'Umiltà.

A chi ha avuto modo di incontrarlo ancora oggi a Palazzo Grazioli, il Cavaliere ha anche confidato amarezza per la 'bacchettata' riservata dal Quirinale al partito guidato da Umberto Bossi. E non perché non condivida il richiamo all'unità d'Italia, ma perché lo considera «destabilizzante» in un momento in cui occorre serrare i ranghi per fronteggiare la crisi. Anche perché, è il ragionamento, il rischio è che la fazione romana guidata da Gianni Alemanno e l'ala sudista della maggioranza possano trarre 'ispirazione' e argomenti polemici dal monito quirinalizio contro l'ormai tradizionale antagonista leghista. Aggiungendo tensione a tensione.

E già, perché i problemi certo non mancano. C'è il nodo Bankitalia, innanzitutto. Il Cavaliere - che oggi ha ricevuto fra gli altri Angelino Alfano, ma anche Mauro Masi, Gianni Letta e Francesco Storace - avrebbe ribadito ai propri interlocutori la volontà di evitare strappi per arrivare presto alla nomina del governatore di via Nazionale. Facendo leva, come ha avuto modo lui stesso di dire a diversi big del Pdl, sul fatto che Fabrizio Saccomanni rappresenti il «personale» - così l'avrebbe definito - candidato del Colle. E' quanto si ripete da tempo nella maggioranza, ma dare questa interpretazione delle mosse del Colle rischia di complicare ulteriormente i rapporti con Napolitano, che come ha avuto modo di ribadire in passato non si spende per «un nome», ma sollecita «un profilo» capace di garantire autonomia e indipendenza di palazzo Koch.

Saccomanni, d'altra parte, andrebbe bene anche al premier. Non a Tremonti, che sostiene Grilli. Ma chi nel Pdl sostiene che il superministro sia pronto a dimettersi in caso di nomina del direttore generale di Bankitalia sbaglia, secondo quanto assicura chi da anni sostiene il ministro dell'Economia. Piuttosto, l«ostacolo Tremonti' agitato da Berlusconi non sarebbe altro che un segnale di ulteriore debolezza del presidente del Consiglio, se non addirittura un modo come un altro per evocare un passo indietro del Tesoro che forse non sarebbe del tutto sgradito da alcuni settori vicini al premier.