3 maggio 2024
Aggiornato 11:00
Il Premier vuole il taglio delle tasse

Berlusconi chiama Bossi, ma pensa a Tremonti

Pdl in «officina»: via tutti e Alfano coordinatore unico

ROMA - «Io sono un combattente, e quando perdo triplico le forze». L'ha sentita tutta, la botta delle amministrative, Silvio Berlusconi, e lo schiaffo che brucia di più è l'aver perso così male a Napoli, città che ha tributato il 65% dei consensi «a quel pm giustizialista di De Magistris». Una «sberla», per dirla con le parole di Roberto Maroni, ministro dell'Interno e ieri 'voce ufficiale' della Lega, che brucia più di tutte le altre, perchè dimostra, al di là di ogni dubbio, che la campagna anti-toghe voluta e messa in atto dal presidente del Consiglio non ha dato i frutti sperati. Anzi.

Ma il Cavaliere non è tipo da arrendersi e tra i suoi fedelissimi c'è chi è pronto a giurare che la 'ripresa' comincerà già da oggi, nel segno della riforma fiscale. Insomma, ora «tocca andare da Tremonti: sono due anni che ci dice che sta studiando la riforma fiscale. E' ora - è il ragionamento del premier - che ce la consegni». Un'urgenza, quella del taglio delle imposte, condivisa dal Carroccio, che si aspetta «riforme vere» e quindi una decisa sterzata in campo economico, visto che, sondaggi alla mano, i voti che sono mancati lo scorso fine settimana sono stati proprio quelli delle partite iva, degli autonomi e dei professionisti.

Ecco quindi che nel prossimo futuro si potrebbe avere una «sospensione» della ventilata riforma della giustizia e un cambio di rotta. Governo tutto concentrato su fiscalità, infrastrutture e rilanci dell'economia (con qualche 'legge mancetta', che dopo una sconfitta elettorale non guasta mai) e Pdl in rivoluzione. Dopo le dimissioni di Sandro Bondi, infatti, il premier potrebbe chiedere anche a Ignazio La Russa e Denis Verdini un passo indietro e affidare tutto il partito ad Angelino Alfano, con il chiaro compito di rilanciarlo e «rifondarlo».

Al Guardasigilli, dice chi gli è vicino, l'idea piace picca e nenti, perchè quel «siamo tutti in discussione» detto ieri da Ignazio La Russa, sommato alle numerose prese di distanze da parte di alcuni big del partito dalla «gestione verticistica» e alla guerra tra bande che contraddistingue il Pdl a livello locale, suona come un 'attento a ciò che fai'. Possibile quindi che una nuova gestione del partito sfoci in un stagione congressuale molto più rapida e turbolenta di quella preannunciata da Maurizio Lupi per il 2012 e che cambi la geografia dirigenziale del Pdl. Prova ne sia che il prossimo ufficio di presidenza viene indicato come il «luogo naturale del processo», ovvero sede per quel «pensamento» già stabilito da Berlusconi.

Ultimo dato, il rapporto con la Lega. I Lumbard sono rimasti molto scossi dal risultato di ieri, e c'è chi giura che il colloquio tra Berlusconi e Umberto Bossi sia stato non freddo, «gelido». Berlusconi, dal canto suo, avrebbe chiesto a Bossi di «stare uniti» e di «tirare fuori quegli attributi spesso sventolati» dal Senatur. Bossi, dal canto suo, ha fatto replicare a Maroni, uno dei leghisti più critici nei confronti della leadership di Berlusconi, che «il governo tiene» ma che serve «una spinta» all'azione dell'esecutivo. Una spinta, in economia, coincide quasi sempre con un'iniezione di liquidi, e quindi, volenti o nolenti, si torna a viale XX Settembre, dove alla fine sarà Tremonti a dover scegliere tra la tenuta dei conti pubblici e quella della coalizione e del governo.