18 aprile 2024
Aggiornato 23:00
Crisi libica

I ribelli a Frattini: armi e risorse. Dall'Italia «aperture»

Farnesina: «Non è escluso l'invio di attrezzature per la comunicazione»

ROMA - L'Italia è «aperta» alla possibilità di sostenere l'opposizione libica con armi che le permettano di «difendersi», ma «soprattutto con attrezzature di comunicazione e di intelligence». E' quanto emerso nell'incontro di oggi fra il ministro degli Esteri Franco Frattini e una delegazione del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, capitanata dal responsabile esteri Ali al Isawi e dal generale Abdel Fattah Yunis.

I libici del Consiglio di transizione, ha riferito il portavoce della Farnesina Maurizio Massari, vorrebbero «un'azione più efficace da parte della Nato, o in alternativa la possibilità di essere riforniti, ma non con armi di attacco o letali bensì con armi difensive; e chiedono anche un sostegno per attrezzature di intelligence e comunicazioni».

«E' una richiesta di cui prendiamo atto» ha proseguito il diplomatico, sottolineando che «una discussione nel merito andrà affrontata con gli alleati». «Comunque siamo aperti a sostenere l'opposizione - ha detto ancora Massari - soprattutto con attrezzature di comunicazione, come cellulari o altri strumenti utili all'intelligence, e questo al di là degli aspetti giuridici della questione».

Sotto il profilo «strettamente giuridico» l'Italia continua a ripetere nei consessi internazionali che la risoluzione 1973 dell'Onu prevede un'eccezione all'embargo sulle armi destinate alla Libia (sancito dalla precedente risoluzione 1970) laddove autorizza l'impiego di «tutti i mezzi possibili per proteggere i civili». Il dibattito sull'aspetto giuridico del rifornimento di armi e attrezzature ai ribelli è insomma aperto.

Per il resto, nella riunione di stamattina si è discusso delle richieste avanzate da Bengasi nell'ambito del congelamento di beni libici deciso da Onu e Ue: sono allo studio dei meccanismi che possano aiutare il Cnt ad attingere a una parte delle risorse congelate per andare avanti con le sue attività istituzionali, come il pagamento degli stipendi, «anche in modo da avere una maggiore credibilità presso la popolazione» ha suggerito Massari. «Da parte italiana - ha proseguito la fonte - si è risposto che la questione dovrà essere discussa anche con gli altri partner internazionali».

Fra le altre richieste fondamentali dei ribelli c'è quella di un aiuto all«institution building', cioè la collaborazione di esperti per le attività di formazione della nuova amministrazione. L'Italia è pronta a fare la sua parte, hanno assicurato dalla Farnesina, aggiungendo che in quest'ottica sarà presto rafforzata la presenza diplomatica a Bengasi e sarà inviato un team di tecnici nel settore prioritario della logistica portuale.

Sulla recente missione dell'Unione Africana, i ribelli hanno ribadito che «la partenza di Gheddafi resta la condizione imprescindibile per un cessate il fuoco e per l'avvio di un dialogo», raccontando a Frattini delle «atrocità» che le forze del rais «portano avanti sul terreno con bombardamenti su ospedali, moschee, centrali elettriche e reti idriche». Più in generale, ha spiegato Massari, l'incontro di stamattina alla Farnesina aveva l'obiettivo di «ribadire il pieno sostegno da parte dell'Italia al Consiglio nazionale transitorio». Sostegno per cui il braccio politico del movimento del 17 febbraio ha ringraziato, e molto.