28 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Governo

Berlusconi: «Le urne? Decido io»

Il Premier «rilancia» dopo il monito del Colle e rivendica la sua firma sul «game over». Pessimismo su decisione del Gip di Milano

ROMA - Non sopporta che qualcuno gli dica che deve farsi da parte. E questo vale non solo per la «irricevibile» richiesta di dimissioni di Gianfranco Fini e per il milione e passa di donne che ieri sono scese in piazza: «faziose» le bolla. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non ci sta nemmeno a farselo dire dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano. E' per questo che, per quanto l'ordine di scuderia sia quello di non alimentare nuovi scontri con il Colle più alto, il premier non ha alcuna intenzione di starsene buono buono. E approfitta di un'intervista su una sua televisione, per rispondere a due giorni di distanza alla nota con cui Napolitano faceva notare che di fronte all'inasprirsi delle tensioni, ci sarebbe il rischio di 'game over' del Parlamento.

Questa volta, dunque, è il Cavaliere a fornire il suo personale «retroscena» sull'ultimo faccia a faccia con il presidente della Repubblica. «Nell'ultimo colloquio - racconta - mi ha garantito che finché c'è un governo che lo governa e una maggioranza politica non esistono motivi» per sciogliere le Camere. Ma, soprattutto, Berlusconi fa chiaramente capire che nulla potrà avvenire senza passare prima sul suo 'cadavere'. «Senza una formale crisi - sottolinea evocando il precedente del '94 che vide protagonisti Scalfaro e Ciampi - per interrompere anticipatamente la legislatura occorre che il presidente della Repubblica consulti i presidenti delle Camere e il presidente del Consiglio». Quindi lui.

E Berlusconi ai suoi continua a ripetere di non aver nessuna intenzione di lasciare la sua poltrona a palazzo Chigi. E infatti annuncia l'intenzione di andare avanti con la riforma della giustizia e con la legge per dare un giro di vite all'uso e alla pubblicazione delle odiate intercettazioni. Il premier, insomma, ha deciso di continuare a resistere così a tutto ciò che è arrivato e che continuerà ad arrivare dalle aule di tribunale milanesi. Compresa la decisione del gip sulla richiesta di rito immediato per concussione e prostituzione che potrebbe essere firmata domani, al massimo tra due giorni. Nell'entourage del Cavaliere non si aspettano niente di buono: «quelli sono tutti allineati e coperti» sintetizza un alto dirigente. La strada del conflitto di attribuzione da sollevare alla Consulta si sta preparando, quella della piazza è solo momentaneamente messa da parte, ma non ancora esclusa. In questa fase il presidente del Consiglio è tra i più sinceri sostenitori del partito del non voto. Pubblicamente dice di farlo in nome della «stabilità» dell'Italia. In privato è preoccupato dai sondaggi non lusinghieri e, forse ancor di più, dal rischio di una campagna elettorale dominata dal via vai di questa o quella ospite delle sue 'feste' in tre diverse procure d'Italia: Milano, Napoli e forse anche Roma. E tuttavia, in alcuni ragionamenti con i suoi collaboratori, Berlusconi avrebbe evocato lo scenario delle elezioni anticipate come possibile via d'uscita dalla situazione, una sorta di chiamata alle urne anziché alle armi, del «popolo sovrano». Insomma - è più o meno il ragionamento - se mi dimetto è soltanto perché l'ho deciso io e per tornare al voto.

Ma lo scenario per ora resta sullo sfondo e nell'immediato il premier osserva con molta attenzione i proclami leghisti. Dice di continuare a credere nella lealtà di Bossi, ma in pratica ormai non si fida più di nessuno. Men che meno dell'asse tra il Carroccio e il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti e della inversione di rotta che potrebbero prendere se il federalismo continuasse ad arenarsi o se la situazione giudiziaria precipitasse.

Il corollario del teorema «resistere» è avere una maggioranza stabile. Per questo il Cavaliere continua a lavorare all'operazione allargamento. Oggi è tornato ad alzare l'asticella della maggioranza a 325. Lo gela la Lega: «troppo poco». fa sapere però il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, secondo cui sotto i 330 non si può far altro che vivacchiare. A giudizio di chi si sta occupando della trattativa, il gruppo dei Responsabili potrebbe aumentare a breve di sette unità: di questi, tuttavia, tre sarebbero 'iniezioni' provenienti dal Pdl ma utili a far giocare alla compagine un ruolo sufficiente nel riequilibrio delle commissioni.

Domani, intanto, gli esponenti di Ir dovrebbero riunirsi e entro giovedì procedere alla nomina del nuovo capogruppo: in pole ci sarebbe Silvano Moffa che però è già presidente della commissione Lavoro. Ma Berlusconi sta continuando a portare avanti anche la trattativa con i Radicali. Secondo quanto viene riferito, non si tratterebbe di un ingresso organico in maggioranza quanto piuttosto di un appoggio esterno su alcuni temi a cominciare dalla giustizia e dallo svuota-carceri. Nel partito ci sono posizioni diverse: Bonino versus Pannella, che ai suoi avrebbe prospettato anche la possibilità di un intervento del premier al congresso che si terrà nel fine settimana.