19 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Parte il conto alla rovescia

Federalismo, Bossi arbitro della Legislatura

L'Idv dice no e il pareggio non basta. L'opposizione «tenta» il Senatur. La Loggia: «Non escludo di recepire altre richieste»

ROMA - Conto alla rovescia sul federalismo. Il pallottoliere in commissione bicamerale è fermo a 15 sì (11 Pdl, 3 Lega e probabilmente Helga Taller della Svp) e 15 no (10 Pd, 4 Terzo Polo, 1 Idv) sul parere favorevole al testo di decreto sul federalismo municipale, sostanzialmente condiviso dall'Anci, che il presidente della bicameralina Enrico La Loggia giovedì metterà ai voti. Una conta prevista nello stesso giorno in cui l'aula di Montecitorio sarà chiamata a pronunciarsi sul rinvio degli atti alla procura di Milano sul caso Ruby per l'inchiesta su Berlusconi, come proposto a maggioranza dalla Giunta per le autorizzazioni.

Fino a ieri la Lega puntava ancora ad una vittoria anche di misura in commissione ma con un coinvolgimento anche minimo dell'opposizione. In quest'ottica, il ministro Roberto Calderoli si è affrettato ad apprezzare le proposte di correzione nel merito venute dall'Idv, a costo anche di depotenziare l'aut aut politico di Maroni, che aveva messo in chiaro: o passa il federalismo o si vota. Ma Di Pietro, dopo le parole del ministro dell'Interno, ha preannunciato il 'no' dell'Italia dei Valori (e probabilmente annullato l'incontro previsto per domani con Calderoli), unendo il proprio pollice verso a quello preannunciato e ribadito da Pd e Terzo polo.

Per il Pdl un eventuale pari in commissione non si traduce automaticamente in una bocciatura del federalismo. E' Fabrizio Cicchitto ad appellarsi alla possibilità regolamentare prevista nella delega di una richiesta del Governo alle aule parlamentari di emendare e approvare testi che non abbiano incassato il parere favorevole della commissione. Ma la questione sembra ormai tutta politica. Bossi, infatti, è prossimo al bivio fra rinnovare il sostegno a Berlusconi, accettando la soluzione estrema proposta dal Pdl che può portare al massimo ad una approvazione di misura a maggioranza, o decretare la fine di questo Governo e chiedere il ritorno alle urne.

Chiedere, che però non significa necessariamente ottenere. Perchè le risposte di Pd e Terzo Polo al patto per la crescita e le liberalizzazioni rilanciato oggi dal premier, (patto che ricalca un'analoga proposta lanciata mesi fa del ministro Tremonti), lasciano intendere che in caso di crisi sarà di nuovo Bossi a dover dire l'ultima parola a Napolitano sul voto. Dalle opposizioni, infatti, il 'no' al patto è stato motivato come un 'no' a Berlusconi. Con esplicita ammissione, ad esempio di Chiamparino, che se analoga proposta fosse stata avanzata da un Tremonti-Premier avrebbe avuto ben altra accoglienza. Se le cose stanno così, appare piuttosto evidente la 'tentazione' delle opposizioni al Senatur. Prima dello scioglimento delle Camere, se Bossi fosse d'accordo, potrà essere esplorata la possibilità di un Governo Tremonti che riunisca in un unico 'patto bipartisan' le ricette per il rilancio dell'economia, l'attuazione del federalismo fiscale la cui delega scade a maggio e forse quella riforma elettorale che, a parole, la maggioranza delle forze politiche ritiene opportuna prima del ritorno alle urne.

Una decisione che fa di Bossi l'arbitro politico della legislatura nella settimana in cui la Lega compie vent'anni di vita. Un compleanno che parte della dirigenza vorrebbe festeggiare ancora insieme a Berlusconi, mentre un'altra fetta dei leghisti preferirebbe celebrare con l'approvazione del federalismo: «fosse anche alleandosi con il diavolo», come il Senatur ebbe a dire. Considerando, tra l'altro, che per la Lega Giulio Tremonti non è il diavolo, seppure su una traumatica rottura del ministro dell'Economia e Bossi con Berlusconi oggi ancora nessun bookmaker è pronto a scommettere.
Scenari che domani Berlusconi avrà ben presente nel vertice convocato a Roma in mattinata con lo stato maggiore del Pdl, chiamato ancora una volta a serrare i ranghi della sua maggioranza.