Studenti: ora battaglia sui decreti, e i Rettori dicano no
Quelli di Link-coordinamento universitario non si danno per vinti: «Daremo battaglia in tutti organi collegiali e nelle piazze»
ROMA - Gli studenti universitari accolgono l'approvazione della riforma universitaria come un errore ormai inevitabile, frutto dei numeri del Senato sensibilmente a favore della maggioranza, ma non per questo si rassegnano: quelli di Link-coordinamento universitario sostengono che il sì di palazzo Madama «non è stato un fulmine a ciel sereno: sapevamo che ormai dentro il parlamento non c'erano più margini, ma la battaglia non è finita» perchè «chiediamo fin da subito a tutti i rettori di disobbedire. I tanti cortei di ieri - continuano gli studenti - l'hanno dimostrato: questo movimento riesce a mobilitare centinaia di migliaia di studenti fino a tre giorni prima di Natale, ben al di là delle canoniche manifestazioni autunnali».
Gli studenti accademici sostengono che poiché sono riusciti «a bloccare l'Italia per porre i temi dell'università pubblica, della precarietà del lavoro, del futuro rubato al centro del dibattito pubblico» non si fermeranno: «il piano della mobilitazione, ora, si sposta - dichiara sempre il Link - dal parlamento verso il governo, con l'attesa dei decreti attuativi, e verso gli atenei, con l'adeguamento degli statuti universitari alla nuova legge: daremo battaglia in tutti gli organi collegiali e in tutte le piazze, perché la privatizzazione dell'università, lo smantellamento del diritto allo studio e la precarizzazione della ricerca non passino nei nostri atenei. La comunità universitaria ha il diritto e il dovere di ribellarsi».
Gli studenti, inoltre, non escludono nessuna delle vie possibili per bloccare la legge, dalla Corte Costituzionale al referendum: «valuteremo come movimento che strada prendere. Continueremo a raccogliere idee e proposte e a sperimentarle tutti i giorni nei nostri atenei: vogliamo il diritto al referendum sulle materie che ci riguardano, vogliamo un nuovo welfare che ci permetta l'autonomia dalla famiglia, vogliamo una ricerca aperta ai giovani e non bloccata dalle baronie».
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