4 maggio 2024
Aggiornato 10:30
La crisi della Maggioranza

Berlusconi: avrò la fiducia, poi sarò io a dare le carte

Ma Gianni Letta vede Fini. Giovedì il Premier riunisce il vertice del Pdl. In politica i sette giorni che mancano al B-day sembrano una distanza siderale

ROMA - Qualche incontro a palazzo Grazioli, quasi due ore del pomeriggio trascorse a ricevere e fare telefonate. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, rinuncia a trascorrere ad Arcore Sant'Ambrogio e Festa dell'Immacolata e di prima mattina si presenta a Roma. Vede le «colombe» Letta e Alfano. Poi Verdini, l'uomo dei numeri. Ma anche il senatore Villari, ex Pd che gli ha già votato la fiducia, e Aldo Brancher, il ministro più breve della storia della Repubblica, ma ancora deputato, che ultimamente alla Camera si era fatto vedere poco. Il premier, insomma, sembra quasi «marcare» il territorio in vista del voto del 14 dicembre: per giovedì ha convocato il vertice del Pdl, mentre tra domenica e lunedì sera incontrerà sia i senatori che i deputati per una cena che, c'è da giurarsi, non ha come unico obiettivo quello di scambiarsi gli auguri di Natale.

In politica i sette giorni che mancano al B-day sembrano una distanza siderale, uno spazio temporale in cui tutto può ancora succedere. Soprattutto sul bilancino dei voti. E nonostante l'evidenza dica che sotto la mozione di Fli-Udc ci sono 85 firme che, sommate agli esponenti dell'opposizione, si traducono in sfiducia per il governo alla Camera, dalle parti del premier i conti tornano diversamente. Certo, nessuno si illude che si toccherà la soglia di sicurezza dei 316, eppure - viene spiegato - il premier sarebbe ancora convinto di poter passare il test di Montecitorio. Sul piatto del governo, nelle ultime ore, si fanno 'pesare', oltre alla trattativa in corso con i sei radicali, i tre esponenti delle minoranze linguistiche, Massimo Calearo, alcune assenze per questioni di salute come quelle di Federica Mogherini (Pd) e Giulia Cosenza (Fli) e anche due possibili defezioni tra i democratici. Per non parlare dell'Idv Domenico Scilipoti, che, anche in virtù di problemi interni al suo partito, spiega di dover ancora sciogliere la riserva sul suo voto.

E' questo - viene spiegato - lo scenario su cui sta ragionando il premier. Incassata la fiducia in entrambi i rami del Parlamento - è il suo pensiero - sarò io ad avere il coltello dalla parte del manico. E infatti nel Pdl si ipotizza che a quel punto Berlusconi possa decidere di «galleggiare» per un po', magari fino a gennaio-febbraio quando dovrebbe arrivare la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento e la Lega avrà incassato i decreti sul federalismo, e poi presentarsi al Quirinale per una 'crisi pilotata', con annesso 'allargamento' dell'esecutivo all'Udc. Uno scenario a cui nel partito di maggioranza relativa continuano a opporre una sola alternativa: quelle urne anticipate che alla fine nessuno, tranne il Carroccio, vorrebbe davvero.

Gianni Letta vede Fini - Eppure, come accade da mesi, mentre il Cavaliere continua a sbarrare le porte ai «maneggioni», Gianni Letta prosegue il suo tentativo di costruire «ponti». Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, infatti, oggi ha brevemente incontrato Gianfranco Fini prima di partecipare con lui al concerto di Natale alla Camera. E un altro incontro tra i due potrebbe tenersi giovedì.