23 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Il Governo di transizione

Il Pdl contro Bersani: o Berlusconi o voto

Il leader del Pd: «Ok anche a Tremonti, ma non questo Premier». Per il leader dei Democratici il no anche di Vendola

ROMA - Un Governo di transizione per liberarsi di Silvio Berlusconi, anche guidato da Giulio Tremonti. Pier Luigi Bersani, dalle colonne di Repubblica, non usa mezzi termini sulla via per uscire dalla crisi nata con la rottura tra Fini e il Premier. Aspre le critiche del Pdl al segretario Pd, mentre Berlusconi, che tiene pronto il partito al voto, metterebbe sul piatto un piano in quattro punti su cui ottenere la fiducia, senza la quale si andrebbe alle urne. Ipotesi su cui i finiani giocano per essere incisivi sul futuro del centrodestra.

«Non si tratta solo di mandare a casa un governo. Dobbiamo liberarci di Berlusconi. Per questo non vado troppo per il sottile e mi rivolgo a tutti. Se è vero che rischia la democrazia, ognuno si assuma le proprie responsabilità», dice Bersani a Repubblica. L'ipotesi Tremonti? «Per principio un partito ha il dovere di esprimere inclusioni ed esclusioni nello studio del Capo dello Stato, ma quando si parla del superamento di una fase è ovvio che più novità ci sono meglio è». Questa la linea su cui il segretario porta il partito, ma che allontana Idv e anche Nichi Vendola, probabile avversario nella corsa alla leadership del centrosinistra. Il Governo tecnico, dice il Governatore della Puglia, servirebbe a fare due cose «la riforma elettorale e una legge sul conflitto d'interessi. Ma dov'è una maggioranza disponibile a mutare la legge elettorale?». Il rischio è «di fare una disputa astratta mentre il Paese va allo sfascio. Per questo per me è meglio andare ad elezioni anticipate perché altrimenti non esistono le condizioni per un governo provvisorio».

Il Pdl attacca compatto Bersani. Le sue, dice Angelino Alfano, sono parole «scandalose». Quella del segretario Pd, dice Fabrizio Cicchitto, è una «operazione di Palazzo» che nulla sposta nei piani del Premier, che «a settembre presenterà una piattaforma fondata su pochi punti», sarebbero giustizia, fisco, federalismo e Sud, «su di essa ci auguriamo che venga raccolta una maggioranza che rinnova la fiducia al governo, oppure a quel punto non ci potrà essere alternativa se non le elezioni». Il tentativo va fatto, anche per la Lega, che pure è pronta al voto: «Porterò a Gianfranco Fini i prossimi decreti sul federalismo fiscale - annuncia Roberto Calderoli - E' lì che si vedrà se il governo può andare avanti o se sarà necessario ridare la parola agli elettori».

La mossa del Premier è apprezzata sulla carta dai finiani, ma non come cambiale in bianco. Premesso che, ribadisce Italo Bocchino, «non saremo mai con la sinistra» e che la fiducia al Governo «non verrà mai meno in questa legislatura da parte dei nostri gruppi», se il centrodestra «dovesse prendere una deriva non di stampo europeo, Fini avrebbe la forza per costruire una coalizione con i soggetti della cosiddetta 'area della responsabilità' che mai e poi mai sarà un terzo polo, perchè lui è figlio del bipolarismo». Sarà piuttosto, nei disegni dei finiani, uno schieramento allargato, con una leadership diversa. «Chiediamo - dice Adolfo Urso - un nuovo patto di legislatura tra le forze che compongono la maggioranza. I quattro capitoli che Berlusconi indica sono nel programma di governo, certo bisogna vedere come verranno declinati e attualizzati alla luce dei cambiamenti indotti dalla crisi economica, ma noi siamo pronti al confronto».