4 ottobre 2024
Aggiornato 03:30
La rottura finale

L'addio di Fini a Berlusconi: resto Presidente della Camera

«Il garantismo non è pretesa di impunità». E lancia il nuovo gruppo: «Saremo leali, ma no a norme ingiuste». Il Premier: «Abbiamo i numeri per andare avanti sereni»

ROMA - Una dichiarazione-lampo di poco meno di cinque minuti, due cartelle e mezzo dattiloscritte, lette davanti a decine di telecamere schierate e a una sala gremita di giornalisti lasciati senza alcuna possibilità di rivolgere domande: così Gianfranco Fini ha replicato alla 'scomunica' ricevuta giovedì sera dall'Ufficio di presidenza del Pdl confermando di non avere alcuna intenzione di dimettersi da presidente della Camera e accusando Silvio Berlusconi di avere una concezione «non propriamente liberale della democrazia».

L'ex leader di An si è presentato nella sala dell'Hotel Minerva puntuale alle 15. Ad attenderlo, oltre ai cronisti c'era tutto il gruppo di deputati che ha deciso di prendere la strada del gruppo autonomo: la maggior parte di loro schierati in piedi, alla sua destra, lo hanno atteso tra sorrisi, battute e foto ricordo, salutando con un caloroso applauso il suo arrivo. «Ieri sera in due ore, senza la possibilità di esprimere le mie ragioni, sono stato di fatto espulso dal partito che ho contribuito a fondare...», ha esordito il presidente della Camera che per l'occasione indossava una cravatta rossa, inedita rispetto a quelle color pastello che in genere sfoggia.

Fini ha citato testualmente i 'capi d'imputazione' nei suoi confronti contenuti nel documento approvato ieri dall'Ufficio di presidenza del Pdl e poi ha attaccato: «La concezione non propriamente liberale della democrazia che l'onorevole Berlusconi dimostra di avere emerge anche dall'invito a dimettermi». La terza carica dello Stato ha spiegato che non ha nessuna intenzione di farlo perché «il presidente deve garantire il rispetto del regolamento e la imparziale conduzione della attività della Camera, non deve certo garantire la maggioranza che lo ha eletto». Questo, rileva Fini, «è noto a tutti», tranne a Berlusconi che «dimostra una logica aziendale, modello amministratore delegato-consiglio di amministrazione, che di certo non ha nulla a che vedere con le istituzioni».

Il presidente della Camera, infine, avverte che il sostegno al governo non sarà scontato: i finiani «lo sosterranno lealmente ogni qual volta agirà davvero nel solco del programma elettorale» mentre «non esiteranno a contrastare scelte dell'esecutivo ritenute ingiuste o lesive dell'interesse generale». Finito di leggere la dichiarazione, tra gli applausi dei suoi, Fini si è alzato senza concedersi alle domande dei numerosi giornalisti presenti.

Più tardi il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato ai 'Promotori della libertà' afferma: «Abbiamo i numeri per andare avanti. Abbiamo ben chiaro - aggiunge il premier - il programma da completare e, grazie a questa scelta sofferta ma necessaria, siamo nelle condizioni di governare più sereni e nella chiarezza».
Il Cavaliere sottolinea poi: «Abbiamo davanti tre anni nei quali, superate le emergenze e accantonate le polemiche inutili, ci dedicheremo con determinazione alle riforme: la grande riforma della giustizia, la riforma fiscale per diminuire le tasse, la riforma dell'architettura istituzionale dello Stato. Abbiamo promesso agli italiani un Paese più moderno, più libero, più sicuro, più prospero, meno oppresso dal fisco e dalla burocrazia. Vogliamo riuscire a realizzarlo entro la fine di questa legislatura».