La Lega Nord minaccia la Fiat
Ma Chiamparino difende Marchionne e il progetto «Fabbrica Italia» dell’azienda
ROMA - «Non si può pensare di sedersi ad un tavolo, mangiare con aiuti di Stato ed incentivi e poi andarsene senza pagare il conto», il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, alza il tono della polemica nei confronti della scelta della Fiat di trasferire in Serbia produzioni attualmente realizzate a Torino.
Dietro le parole del Ministro non è difficile scorgere un giudizio fortemente negativo nei confronti degli orientamenti presenti e passati della dirigenza dell’azienda, ma anche una non troppo velata minaccia su quanto il governo potrebbe mettere in atto per contrastare i progetti di delocalizzazione della Fiat.
«Ho fiducia nel tavolo promosso dal nostro Roberto Cota a Torino la prossima settimana – ha specificato il ministro Calderoli - diversamente saremmo costretti a far pagare il conto non soltanto alla Fiat, ma a tutte le altre imprese, di quanto hanno ricevuto in questi decenni dallo Stato».
Che cosa chiede Calderoli? Che indipendentemente dai progetti sulla Serbia di Sergio Marchionne ( «a me non interessa che cosa va a fare la Fiat in Serbia, ha detto) lo stabilimento di Mirafiori resti aperto «e siano garantiti i livelli occupazionali, investendo come si è fatto a Pomigliano».
Anche per il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, la chiusura o solo un ridimensionamento di Mirafiori non «è socialmente accettabile per la città e la Fiat deve mantenere le promesse».
Ma Chiamparino non se la sente di fare un processo alla Fiat. Anzi rigetta altrove la palla delle responsabilità per la piega che stanno prendendo le strategia future dell’azienda torinese. Il sindaco difende infatti a spada tratta i progetti per l’Italia avanzati da Marchionne: «
«In questo ha ragione Marchionne, che si aspettava un'accoglienza molto diversa sul progetto «Fabbrica Italia» che rappresenta l'unica vera ipotesi di rivoluzione industriale italiana. Invece – ha spiegato Chiamparino- stata accolto con indifferenza generale, scetticismo, problemi di rappresentatività sindacale. D'altra parte gli impegni vanno mantenuti e Marchionne non può arrendersi di fronte alle prime difficoltà e smontare il giocattolo».
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