24 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Parlano i medici

Mucca pazza, allarmismo ingiustificato

Parla il Primario del reparto di malattie infettive: quello di Livorno è un «caso rarissimo, isolato e risalente ad anni fa»

FIRENZE - E' assolutamente ingiustificato parlare di un ritorno di mucca pazza in Italia. A dirlo sono molti medici, che, in queste ore, si stanno interessando del caso della donna di 42 anni, in fin di vita, all'Hospice per le cure palliative di Livorno. Tra questi Spartaco Sani, primario del reparto di Malattie infettive della città labronica: «Non si deve assolutamente parlare di un ritorno di mucca pazza», afferma Sani, «si tratta di un caso del tutto sporadico. Non c'è alcun problema da questo punto di vista. La malattia in Italia è pressoché inesistente».

L'ipotesi più probabile è che il morbo, prima di manifestarsi in questa donna, abbia avuto un lungo periodo di incubazione e che il contagio risalga a quando non c'erano i controlli attuali. Dello stesso avviso la Coldiretti: quest'ultimo caso è «un'eredità del passato» e » non ha nulla a che fare con il consumo della carne italiana che è del tutto sicuro grazie ad un rigido sistema di controlli introdotto con successo nel 2001 per far fronte all'emergenza Bse». Secondo i dati della Commissione Europea citati da Coldiretti, nell'Ue dai 37.000 animali ammalati del 1992 si è passati a soli 67 nel 2009, dei quali appena due casi in Italia su oltre 450.000 test effettuati.

La vittima del morbo, che ha contratto la variante umana del cosiddetto morbo della «mucca pazza», sta affrontando, presso l'Hospice di Livorno, la fase terminale della malattia. E' madre di una bambina di quattro anni. Lo scopo principale della struttura che la accoglie è di farle passare con dignità gli ultimi momenti di vita.
E' stata trasferita qui, venerdì scorso, dopo anni di disperate cure all'Istituto neurologico Basta di Milano.
Tecnicamente la donna non è in coma. Non ha nessuna capacità relazionale, non comunica con l'esterno pur reagendo agli stimoli.