3 ottobre 2025
Aggiornato 14:30
L'anniversario di via d'Amelio

Corteo Borsellino, polemiche. Fini: Mangano non è un eroe

Il Presidente della Camera: «Nel '92 non solo la mafia». Napolitano: «Fare luce». A Palermo concluse le commemorazioni

PALERMO - Giunto in serata a Palermo alle commemorazioni per il 18esimo anniversario della strage di via d'Amelio, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha lasciato il segno. Prima fermandosi a parlare con i manifestanti del 'popolo delle agende rosse', a cui ha detto che Vittorio «Mangano non è un eroe» - in risposta alla frase di Marcello Dell'Utri. «Vittorio Mangano - ha detto il presidente della Camera - era un cittadino italiano condannato in via definitiva per reati di mafia, e per tale motivo non può essere considerato un eroe». E poi, nelle celebrazioni, aggiungendo: «E' la prima volta quest'anno che è a tutti chiaro che non ci fu solo mafia dietro le stragi del '92».
Perché, è il ragionamento di Fini, «le indagini di Caltanissetta stanno mettendo in evidenza come non fu solo un attentato di mafia, ma ci fu anche la contiguità, la collusione, la complicità di segmenti certamente deviati, personaggi che agivano in quel momento nel nome dello Stato». Fini ha sottolineato come «fosse doveroso fermarmi a parlare con i ragazzi del 'popolo delle agende rosse', invitarli a rispondere alla loro coscienza e che non si può essere - ha concluso citando lo scrittore Leonardo Sciascia - 'professionisti dell'antimafia».

Parole che provocheranno un nuovo strascico di polemiche nella maggioranza. A Palermo si chiudevano i tre giorni dedicati al giudice Borsellino e alla sua scorta nel 18esimo anniversario della loro morte in un clima ricco di messaggi. «Fare luce sulle stragi» e avviare nuove indagini sull'uccisione ha chiesto il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Un appello raccolto immediatamente dal ministro di Giustizia, Angelino Alfano, che in una nota ha offerto tutta la sua disponibilità «personale ed istituzionale» per accertare la verità sulla morte di Borsellino. Anche Silvio Berlusconi, non presente a Palermo così come Alfano, ha ricordato il pm ammazzato dalla mafia definendolo «un esempio di dedizione allo Stato e di lotta all'illegalità», un «patrimonio prezioso di civiltà e di democrazia». Era invece a Lamezia Terme per l'anniversario delle associazioni anti-racket il ministro dell'Interno Maroni che ha lodato i risultati del governo: «Stiamo facendo un'azione molto efficace contro la criminalità organizzata. Gli arresti si susseguono, così come l'aggressione ai patrimoni mafiosi sta registrando risultati che non ha precedenti».

«Verità ingombrante per chi la teme» - Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, come il capo dello Stato, ha voluto far riferimento alle indagini in corso. «Che la strage di via D'Amelio non fu solo responsabilità della mafia lo sapevamo da anni. Ora il problema è trovare gli elementi processuali che accertino questa verità» ha detto Grasso, intervenuto alla cerimonia di commemorazione organizzata nella caserma della polizia Lungaro a Palermo. «La verità sulla strage di via D'Amelio - ha aggiunto - è ingombrante solo per chi la teme, per chi ha paura delle conseguenze di certe indagini. Certo non per chi la cerca». Commentando poi le dichiarazioni di alcuni magistrati che avevano rivolto un appello a chi sa la verità sulla strage e ha taciuto finora, Grasso ha detto: «Non è un problema di appelli. Combattiamo da sempre con l'omertà e, oramai, non è più soltanto un problema siciliano o meridionale. Noi - ha concluso - andiamo avanti grazie alle intercettazioni e anche grazie ai collaboratori di giustizia».