28 agosto 2025
Aggiornato 06:00
Il no del Viminale

Spatuzza, no al programma protezione

A chiedere l'inserimento le Procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo. Il pentito ha reso dichiarazioni oltre i 180 giorni previsti

ROMA - Il boss Gaspare Spatuzza non è stato ammesso al programma di protezione: a decidere per il no è stata la Commissione centrale del Viminale per la definizione e applicazione delle misure speciali di protezione. A chiedere l'inserimento del boss mafioso, ora pentito, nel programma di protezione erano state le procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo.

Il provvedimento applica quanto disposto dalla norma di legge prima secondo cui «la persona che ha manifestato la volontà di collaborare rende al procuratore della Repubblica, entro il termine di centottanta giorni dalla suddetta manifestazione di volontà, tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti e delle circostanze sui quali è interrogato».

Secondo quanto riferito dalle Procure proponenti, Spatuzza ha iniziato a rendere dichiarazioni collaborative alla magistratura inquirente il 26 giugno 2008. Ha reso ulteriori dichiarazioni a partire dal 16 giugno 2009, e quindi nel giudizio contro Marcello Dell'Utri (Corte d'appello di Palermo), il 4 dicembre 2009, rispettivamente sei mesi e un anno dopo la conclusione del verbale illustrativo.

La delibera della Commissione evidenzia che non vi è alcun elemento che autorizzi a ritenere che di quanto riferito in tale dibattimento Spatuzza avesse già parlato nei 180 giorni previsti dalla legge.

Secondo la Commissione la fissazione dei 180 giorni quale termine ultimo per riferire fatti gravi, o comunque indimenticabili, è funzionale a garantire che non siano ammesse «dichiarazioni a rate». Restano ferme per Spatuzza le ordinarie misure di protezione, ritenute adeguate al livello specifico di rischio segnalato.