27 aprile 2024
Aggiornato 03:00
Lettera aperta al Corsera

Di Pietro: ecco la mia verità

Il leader dell'IdV ammonisce: «Non ho mai fatto uso privato dei soldi del partito. Non ho mai avuto a che fare con i Servizi segreti, né italiani, né stranieri»

ROMA - Lettera aperta di Antonio Di Pietro al Corriere della Sera per spiegare la propria verità dei fatti. «Per vedere riaffermata la realtà dei fatti non mi è rimasto che ricorrere alla giustizia», scrive l'esponente dell'Idv. «Dalla laurea agli appartamenti. In queste carte la mia verità»: è il titolo della missiva.

Di Pietro ammonisce: «Non ho mai fatto uso privato dei soldi del partito» e risponde all'articolo di ieri a firma di Marco Imarisio che, dice «ha adombrato il sospetto di miei 'silenzi ed ambiguità' riguardo la mia storia personale. Vorrei rispondere ai rilievi mossi, documentando punto per punto». «Mi creda ? prosegue Di Pietro - ad un persona come me, invisa a molti e con pochi strumenti di informazione a disposizione, non rimaneva e non rimane altra scelta che ricorrere alla Giustizia per vedere riaffermata, nero su bianco, la verità rispetto alle mille menzogne che sono state scritte sul mio conto in tutti questi anni».

Poi precisa: «Non sono stato affatto convocato dai magistrati di Firenze con 'tanto di apposito decreto di notifica'. Non è affatto vero che io mi sia laureato in modo anomalo». Inoltre, «le accuse del Gico di Firenze circa miei presunti favori ricevuti da Pacini Battaglia, da Antonio D'Adamo e da Giancarlo Gorrini sono state tutte smontate dai giudici di Brescia che, dopo due accurate e meticolose inchieste, hanno sentenziato che 'i fatti non sussistono'». «Non è vero - prosegue - che io abbia mai avuto a che fare con i Servizi segreti, né italiani, né stranieri».

Inoltre, Di Pietro smentisce di aver «fatto un uso privato dei soldi del partito» e di aver fatto «con riferimento alle proprietà immobiliari di mia proprietà, una commistione tra patrimonio mio personale e patrimonio del partito Italia dei Valori». Infine, «non è vero - conclude l'esponente dell'Idv - che io abbia acquistato case tramite 'prestanome', nel senso dispregiativo del termine, o che abbia acquistato 'immobili proibiti per legge ai parlamentari in carica'».