19 marzo 2024
Aggiornato 07:00
Intercettazioni

Mancino: spero in un ddl rivisto e condiviso

L'auspicio del vicepresidente del CSM: «Spetta al Pm la segretezza, anche se è difficile contenere in un armadio quello che coinvolge più persone e più organi»

ROMA - «Tutti, anche alcuni settori della maggioranza, dicono che c'è bisogno di rivedere una parte delle disposizioni. Mi auguro che siano non solo rivedute ma anche in maniera condivisa». Lo ha detto il vicepresidente del Csm Nicola Mancino parlando, al termine del seminario organizzato dalla associazione stampa parlamentare a Montecitorio, del ddl intercettazioni all'esame del Senato.

Mancino ha ricordato che il Csm «non ha condiviso il primo testo» su cui ha consegnato al ministro della Giustizia un parere «fortemente critico» il 17 febbraio del 2009 e «non condivide questo secondo testo». Tuttavia, ha aggiunto, il Csm «non può mettersi in polemica con uno dei rami del Parlamento. Sarei responsabile di prevaricazione». Quindi Mancino si è limitato a richiamare quanto già detto in passato: «L'uso delle intercettazioni telefoniche come strumento di indagine deve essere regolato sulla base delle esigenze investigative, sulle quali l'autorità giudiziaria ha una competenza innegabile. Quando si tratta poi di criminalità organizzata transfrontaliera, l'interesse a che le indagini possano svilupparsi senza ostacoli non è solo italiano. Recentemente ce lo ha confermato anche un'autorità del governo statunitense».

Segreto istruttorio - «Altra cosa - ha sottolineato Mancino - è la tutela della riservatezza delle indagini, che compete in primo luogo all'azione penale, cioè al pm, che è tenuto alla custodia del segreto sugli atti, fin quando lo richieda la dialettica processuale» anche se, ha aggiunto, «mi rendo conto che è difficile contenere in un armadio tutto quello che coinvolge più persone e più organi».
«La tutela del segreto istruttorio - ha concluso Mancino - è cosa diversa dal diritto di cronaca, costituzionalmente tutelato. Occorre disciplinare meglio i confini oltre i quali il diritto di cronaca confligge con la doverosa tutela della privacy e a questo punto fermarsi; ma prima ancora deve essere l'autorità giudiziaria ad escludere dal fascicolo del processo tutti gli atti, intercettazioni comprese, che non sono funzionali allo svolgimento dell'indagine».