29 marzo 2024
Aggiornato 08:30

Lettere di minacce a Repubblica e Giornale di Sicilia

Nelle missive inviate da Firenze nomi di pm, pentiti e giornalisti

PALERMO - Due buste con all'interno alcuni proiettili ed un lunga lettera minatoria rivolta ai magistrati antimafia, ai collaboratori di giustizia e ai giornalisti, è giunta questa mattina alla redazione palermitana del quotidiano La Repubblica e alla sede del Giornale di Sicilia. La lettera, che risulta inviata da Firenze, fa riferimento a quelli che vengono definiti «tumori generati da un eccesso di ruoli all'interno del nostro sistema» denunciando «un vero attacco a valorosi uomini che hanno dato dignità al nostro paese».

Tra le personalità citate nel biglietto ci sono i nomi del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, del Pm della Direzione distrettuale antimafia Nino Di Matteo, del procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, nonchè quelli di Massimo Ciancimino, teste nel processo al generale del Ros Mario Mori, e del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, ascoltato nell'ambito del processo al senatore del Pdl Marcello Dell'Utri.

Tutti vengono indicati come «soggetti che direttamente o indirettamente subiranno le conseguenze di operazioni già pianificate». Oltre a quelli citati, la lettera fa riferimento anche ai giornalisti Michele Santoro e Sandro Ruotolo, ritenuti strumenti «in appoggio a un disegno eversivo intrapreso da magistrati comunisti». L'episodio è stato duramente condannato dal presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, il quale ha espresso solidarietà ai giornalisti e ai magistrati: «Esprimo la mia più ferma condanna per il vile gesto intimidatorio - ha detto il governatore siciliano - consumato ai danni di magistrati e giornalisti del quale danno notizia le agenzie». A quelle di Lombardo fanno eco le parole del presidente dell'Ars Francesco Cascio per il quale siamo di fronte ad un gesto «deprecabile e grave». «La mafia - ha detto Cascio - continua ad alzare il tiro contro chi la combatte con tenacia in prima linea. Occorre uno sforzo sinergico e trasversale - ha concluso - per debellarla definitivamente e non è più ammissibile questo stillicidio di intimidazioni».