I conti del dopo voto: la Lega alza il tiro, vuole l’oro
Nel faccia a faccia con Berlusconi Bossi chiede le banche del Nord
Dopo i festeggiamenti e per Berlusconi e Bossi è arrivata l’ora di tirare le somme su una serie di temi che l’euforia del dopo voto ha oscurato per alcuni giorni.
Come di consueto, alla vigilia di un duetto con il premier, Umberto Bossi anche stavolta ha sfoderato l’artiglieria.
Il leader del Carroccio, ancora più imbaldanzito dall’esito dei ballottaggi, per l’occasione ha lanciato il cuore ben oltre l’ostacolo ed è arrivato a lambire con le ambizioni della Lega quello che finora è stato un portone ritenuto per lui inaccessibile, il portone di Palazzo Chigi.
«Non escludo che nel 2013 il candidato premier possa essere un leghista», ha affermato Bossi conversando con i giornalisti. Ed è sembrata tutt’altro che una battuta.
L’ipotesi si sposa in pieno con una delle formule che in questi giorni sono circolate nelle stanze del Palazzo: uno scenario che prevede una riforma semipresidenzialista, con Berlusconi che sale al Quirinale bilanciato a Palazzo Chigi da un premierato rafforzato.
Insomma per la prima volta è apparsa sullo schermo della politica italiana una soluzione che sparecchia con un solo colpo tutti i delfinati, veri o presunti, sorti in questi anni intorno al Cavaliere, per lanciare nell’orbita nazionale il duo asso pigliatutto Berlusconi-Bossi.
Quali brividi possa aver prodotto sulla schiena di molti colonnelli del Pdl l’evocazione di questa inedita messa in scena del potere prossimo venturo è facile immaginare.
E forse non è un caso che nelle stesse ore in cui Bossi alzava il tiro su Palazzo Chigi, il presiedente del Senato, Renato Schifani, nel corso di un convegno al quale ha partecipato anche Giorgio Napolitano, abbia sposato la tesi della condivisione a larga maggioranza delle riforme che sta molto a cuore al Presidente della Repubblica.
Schifani nella inedita veste di frenatore delle riforme si è spinto anche più in là, ammonendo a non avere fretta nell’apportare modifiche alla Costituzione che «richiedendo ponderazione, equilibrio e per la loro complessità mal si conciliano con idee di accelerazione dei tempi».
Il Presidente del Senato si è poi inoltrato in una sofisticata disquisizione sui compiti futuri di Palazzo Madama. Ha ribadito di essere d’accordo sulla trasformazione del Senato in Camera Federale, ma poi ha ampliato all’Europa le competenze da affidare alla nuova istituzione con un allargamento dei confini che complicherebbe ulteriormente il lavoro già molto difficile degli ingegneri a cui affidare la nuova architettura istituzionale.
A chi maliziosamente ha chiesto un suo giudizio sulle parole di Schifani, Umberto Bossi ha risposto lapidario: «Schifani non ha detto che non vuole il Senato Federale, ha detto che non vuole una Camera di serie B. Ma non sarà di serie B».
Il botta e risposta a distanza fra Bossi e Schifani è stato troppo coincidente per non apparire un prologo del faccia a faccia con Berlusconi.
Sul tappeto di Palazzo Grazioli non ci sono però solo pezzi da novanta come federalismo, riforma della giustizia, riforma fiscale.
Bossi dopo la vittoria elettorale deve tornare al campo, tra i suoi, perlomeno con un trofeo in mano, oltre al federalismo che comunque è un bene acquisito, ma richiede i suoi tempi per essere riscosso.
Berlusconi invece di un premio gli ha anticipato la richiesta di una sacrificio, la poltrona del ministero dell’Agricoltura, che nei piani del Cavaliere dovrebbe essere assegnata a Giancarlo Galan come compensazione della sua rinuncia al governatorato veneto.
Qualcuno ce lo vede Bossi uscire da Palazzo Grazioli spogliato di un ministero e senza nemmeno una medaglia, nonostante la vittoria?
E infatti il senatur prima di varcare la soglia di Palazzo Grazioli ha fatto sapere che non si accontenterà della medaglia d’argento. Pretende l’oro, cioè le banche del Nord.
«La gente ci ha detto prendetevi le banche e noi lo faremo» ha precisato Bossi
Forse qualcuno ricorderà che il salotto buono di via Filodrammatici ha fatto fare a Berlusconi molta anticamera prima di accoglierlo nelle auguste stanze di Mediobanca.
La «freccia rossa» lanciata da Bossi chiede invece l’alta velocità e l’abolizione delle fermate.
Sarà interessante vedere come reagiranno le stazioni intermedie.