28 agosto 2025
Aggiornato 09:30
Tremonti e Brunetta divisi non dal carattere ma da interessi di politica economica divergenti

Dietro lo scontro fra ministri c’è il federalismo fiscale

Sullo sfondo c’è la distribuzione delle risorse fra Nord e Sud

Cosa nasconde l’attacco veemente portato dal ministro Brunetta al ministro Tremonti?
Non è per il gusto di drammatizzare lo scontro all’interno della maggioranza che formuliamo questa domanda.
E’ evidente che quella di Brunetta non può essere semplicemente archiviata come l’espressione di una critica. Tantomeno siamo davanti alla riedizione di quella disputa che ai tempi della Prima Repubblica ai ministri Andreatta e Formica fece guadagnare il titolo di «le comari di Palazzo Chigi».
Sembrerebbe invece lo sfogo che generalmente precede una rottura. Ma è una resa dei conti ciò che persegue il ministro della Funzione Pubblica? Vuole forse uscire dal governo? E’ escluso. Vuole, allora, costringere alla resa il suo avversario Tremonti? E’ impossibile. E l’immediata puntualizzazione del sottosegretario Bonaiuti, che ha confermato la piena condivisione di Berlusconi nei confronti delle scelte del ministro dell’Economia sta a dimostrarlo.

Eppure è improbabile che Brunetta possa avere pronunciato le parole riportate nell’intervista al Corriere della Sera senza essere consapevole di provocare una frattura difficilmente sanabile.
«Tremonti esercita nei confronti degli altri ministri un blocco cieco, cupo, conservatore, indistinto» è una delle affermazioni contenute nell’intervista pubblicata dal Corsera.
Ora delle due l’una: o Brunetta si è lasciato trascinare da impulsi incontrollabili o la gestione di Tremonti, come adombra il suo collega, presenta lati inquietanti.
Nel primo caso, sbollite le ragioni che hanno ispirato affermazioni che vanno al di là delle effettive intenzioni, in genere l’intervistato smentisce, asserendo di essere stato frainteso. Ma non è quello che ha fatto Brunetta, che anzi ha ribadito che il suo attacco è motivato dai danni allo sviluppo del Paese che provocherebbe l’operato del «signor no».
Quindi, per capire cosa ci sia dietro la voglia di duellare di Brunetta bisogna cercare di individuare quali punti della politica portata vanti dal ministro dell’ Economia appaiono così gravi al ministro della Funzione Pubblica da indurlo ad una guerra aperta.

La pista da seguire per arrivare al fondo della contesa la fornisce Brunetta quando afferma di parlare anche a nome degli altri ministri, salvo i leghisti, i quali sarebbero gli unici ad essere accontentati da Tremonti, anche se non troppo.
Questa distinzione fra figli e figliastri è la chiave di lettura per capire dove vuole andare a parare. Quindi il vero obiettivo dell’attacco non è il carattere o la chiusura di Tremonti, ma sono gli interessi che difende. E qui entra in gioco l’accusa non nuova mossa al ministro dell’Economia di essere la quinta colonna, all’interno del governo, delle strategie leghiste.
«Non è più tempo di social card, Tremonti bond, gratta e vinci antievasione» dice Brunetta sparando a zero su tutte le creature del suo collega all’Economia. «Ormai sono provvedimenti che appartengono al passato» aggiunge, inserendo fra i fuori tempo anche la Banca del Sud che ancora deve nascere.
Il titolare della Funzione Pubblica chiede un immediato cambio di passo per lo sviluppo. Ritiene la sua istanza così urgente per il Paese da essere, non solo condivisa da tutti altri ministri, ma da giustificare praticamente la bocciatura della politica economica attuata da chi ne è responsabile all’interno del governo avendo il pieno appoggio sia di Berlusconi che di Bossi.

Quante possibilità ha Brunetta, al momento, che le sue parole vengano prese in considerazione? Praticamente zero.
Brunetta lo sa bene. Infatti, al momento di trarre le conseguenze delle accuse mosse a Tremonti, nell’intervista introduce l’argomento che sta più a cuore al popolo di Bossi, lasciando capire che il federalismo fiscale potrebbe essere l’arma letale in mano a chi ritiene che la Lega stia tirando troppo la corda.
E’ giunto il momento di pensare alla crescita, dice in sostanza Brunetta, che poi arriva al vero punto di rottura: «Il federalismo fiscale, dice, da solo non sarà la soluzione. Anzi rischia di peggiorare le cose» Vale a dire? chiede Aldo Cazzullo del Corriere della Sera. » Se lo vareremo senza avere fatto le riforme economiche e quelle istituzionali, senza avere modernizzato le burocrazie e il sistema politico non faremo che creare altri centri si spesa».

E’ da questo punto dell’intervista di Brunetta che comincia la vera partita che si sta giocando all’interno del governo. Al centro ci sono interessi divergenti di politica economica che Brunetta, da economista, vuole che siano portati alla luce del sole prima che i giochi siano fatti. Se invece continuassero ad essere ignorati, a farne le spese potrebbe essere il federalismo fiscale.
A meno di imprevedibili colpi di scena siamo solo al fischio di inizio.
Ai bordi del campo c’ è una alleanza fra Bossi e Berlusconi che passa per le maglie di scelte impellenti come quelle sulla giustizia.
Poi c’è Gianfranco Fini che si è ritagliato un ruolo da arbitro.
Infine c’ è il «nuovo centro» in attesa dei cocci.