Casini: «Il vero complotto sono dissensi nella maggioranza»
«Attacchi a Boffo e Fini sono segnali di debolezza»
ROMA - «Il vero complotto sono le divisioni della maggioranza. Le trame sono i dissensi visibili all'interno del Pdl. Il paese ha bisogno di normalità. Ma le vicende personali di Berlusconi non se le sono inventate le opposizioni. E nemmeno il caso Boffo o gli attacchi a Fini». Lo afferma il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, intervistato da Repubblica.
Tabù Grande Centro - Gli attacchi del premier a tutto campo, secondo l'ex presidente della Camera, sono «chiari segnali di debolezza. E lo dico perché la casa un po' la conosco. Se Brunetta evoca oggi il complotto è perché sa di compiacere il capo. Questi toni si inseriscono in un'atmosfera, in un'idea tutta loro di lotta politica e allora ecco riemergere il tabù del grande centro».
Elezioni anticipate - «Per due volte sono state fatte echeggiare le elezioni anticipate dalla maggioranza - ricorda Casini - mi sono incaricato di sfatare questa leggenda metropolitana. Le elezioni anticipate sono un'ipotesi che non esiste ed è bastato che lo dicessi perché sparisse dall'agenda politica». Quanto alla lettera dei 50 parlamentari del Pdl che hanno paventato un rischio di 'corto circuito' nella maggioranza, Casini osserva: «Altro che 50! In presenza di una crisi sarebbero 50 più 50. Ma poi elezioni anticipate per fare cosa. Contro chi?».
Elezioni regionali - «L'Udc collabora bene con alcuni amministratori regionali di centrodestra e continuerà a farlo. Le alleanze variabili, anche col Pd, saranno il modo migliore per rispettare il nostro progetto e non riconoscere alcuna leadership né al Pd né al Pdl. Se poi introducono lo sbarramento al 4% ci fanno un ulteriore favore».
Par condicio - E poi torna su un tema tanto caro a Berlusconi, la par condicio, che, definita dal premier «illiberale», per Casini non si deve toccare. «Stiamo scherzando - ha detto il leader Udc -? Esiste già un'egemonia berlusconiana sulla tv. Chi vince le elezioni ha diritto di governare ma non è il padrone. Questa non è una società per azioni. Come è lontano il Berlusconi di oggi dal premier del giorno dell'insediamento. Fosse rimasto quello oggi avrebbe avuto una leadership reale sul Paese. Ha perduto un'occasione. Si ritrova a difendersi attaccando tutto e tutti».
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