29 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Gli ex di AN si schierano con il Presidente della Camera nel braccio di ferro fra Fini e Berlusconi

E Casini ripete il suo no alla Lega

I “pontieri” cercano di ricucire lo strappo, ma il nodo da sciogliere sono i diktat di Bossi

ROMA - «Alleanze guidate dalla Lega per noi sono impossibili», «abbiamo una diversa concezione della politica» afferma il leader dell'Udc Casini. Lontano anche da Di Pietro: «Quando si parla di Idv ho una certa allergia politica». Con Rutelli, spiega, «non c'è nessuna intesa solo condivisione profonda su grandi temi». E con Fini «alleanza impossibile ma profonda assonanza». Per il cosiddetto grande centro l'Udc non ha fretta e «non aspetta uomini della Provvidenza».

LA VITTORIA DI FINI - Ieri Gianfranco Fini ha vinto una delle battaglie più difficili che abbia dovuto giocare nella sua vita. La scommessa era, o riuscire a riportare in vita Alleanza Nazionale o essere destinato ad un ruolo gregario nella vita politica italiana, inghiottito dal duo Berlusconi Bossi.
La partita si presentava tanto più difficile anche perché ad ostacolarne il cammino ci si sono messi proprio quelli che una volta erano i suoi colonnelli.

I «CINQUANTA» DI BOCCHINO - Tutti sappiamo come è andata a finire. Italo Bocchino, un fedelissimo del Presidente della Camera, nel pomeriggio di ieri si è messo a raccogliere le firme da apporre in calce ad una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio per rivendicare «una patto di consultazione permanente fra Berlusconi e l’ex leader di An».
Gli ex colonnelli, secondo quanto riporta il tam tam di Montecitorio, prima hanno cercato di bloccare la raccolta delle firme, poi, quando si sono resi conto che l’operazione di Bocchino stava avendo successo e le firme raccolte già rappresentavano quasi il 70 per cento dello schieramento una volta targato An, hanno scelto di annacquarne l’esito firmando a loro volta la lettera.
«Sono soddisfatto che sia stata sottoscritta da tutti una lettera che poteva essere pleonastica per contenuti già largamente accettati dal Pdl, ma se fosse rimasta come documento di una parte dei deputati di An avrebbe causato più danni che vantaggi» , ha affermato Ignazio la russa nel tentativo di metterci una pezza, ma ormai la frittata era fatta e il sub comandante Gianfranco era tornato alla testa del suo esercito da far valere dentro il Popolo della Libertà.

LA REPLICA DI BERLUSCONI - Anche Bossi ha percepito il pericolo di questo non previsto ritorno di fiamma e, dicono le cronache, ieri ha parlato al telefono con il Presidente della Camera. Per Berlusconi è stato il plenipotenziario Ghedini a vedersi faccia a faccia con Fini.
Insomma nel centrodestra ieri c’è stato uno spostamento di baricentro. E da oggi si tenterà di ricucire i rapporti sull’asse di nuovi equilibri.
Sul piano strategico Fini cercherà di monetizzare la sua vittoria dando più vigore ai temi dell’immigrazione e della bioetica, che ultimamente sono stati i suoi cavalli di battaglia. Sul piano pratico c’ è da decidere la formazione della squadra per le prossime regionali. Su tutto poi, c’è che Berlusconi da ora in poi dovrà rinunciare al duetto e accettare il ritorno del «coretto» a tre.
Ieri il Premier a Porta a Porta ha delineato le armi con le quali cercherà di contrastare la riesumazione del «coretto», laddove ha definito Fini un «professionista della politica». Berlusconi inoltre ha ricordato agli elettori del Pdl che a dividerlo dai «professionisti della politica» c’è una diversa concezione dei compiti di una partito. Per lui deve essere «leggero» e cioè essere presente al momento delle elezioni, per poi farsi da parte. Quindi non c’è alcun bisogno di una partito «pesante» capace cioè di intrigare il compito di chi governa con logiche correntizie.

I NODI SUL TAPPETO - La verità è che il Presidente del Consiglio ora è chiamato a mediare fra un Fini, capace di esibire, oltre ai muscoli, un diritto di veto rappresentato da quelle cinquanta e più firme che Italo Bocchino ha incassato dagli ex An, e un Bossi che non intende rinunciare ai diritti acquisiti con il successo elettorale.
Il guaio per il Presidente del Consiglio è che Fini e Bossi voglio cose opposte su temi destinati a segnare l’identità dell’Italia per i prossimi anni come l’immigrazione e la bioetica. Senza contare il macigno «riforma fiscale» che, sia per il Sud che per il Nord, costituirà una svolta epocale, capace di influire, nel bene o nel male, sulla salute delle tasche di molti cittadini. A meno che non assuma i panni di un nuovo «gattopardo», non dissimili da quelli a cui la storia del nostro Paese ci ha abituati.

IL LODO ALFANO - Sullo sfondo infine c’è l’appuntamento già fissato per il 21 di questo mese fra il lodo Alfano e la Corte Costituzionale. Se la Corte dovesse bocciarlo il Pdl potrebbe ripresentarlo leggermente modificato. Ma è una evenienza che il Pdl potrà affrontare senza batticuore solo se potrà contare su uno schieramento compatto, e senza riserve, a sostegno del Premier.
Come ricomporla questa compattezza è la sfida che Berlusconi dovrà affrontare nei prossimi giorni.