7 maggio 2024
Aggiornato 07:30
Per il Ministro occorre un criterio di distribuzione in tutti i paesi europei

Frattini contro la Ue: «Tante parole, nessuna risposta»

Bildt: «la risposta della Ue per redistribuzione a fine ottobre»

RIMINI - Per regolare i flussi migratori occorre «un criterio di distribuzione in tutti i paesi europei e non nel primo paese dove sbarcano» i clandestini. Questo non lo vuole comprendere l'Unione europea che al momento «non ha mai risposto» alla domanda fatta dal Governo italiano: «La divisione del peso tra i 27 paesi membri non si è tradotta in un'operazione della Ue». Così a pochi giorni dalla tragedia che si è consumata nel Canale di Sicilia, dove sono stati recuperati cinque eritrei ma molti altri sono morti annegati, il ministro degli Esteri Franco Frattini si scaglia contro Bruxelles.

Le parole - pesanti - di Frattini arrivano dal palco del Meeting di Comunione e liberazione, nel giorno di inaugurazione alla Fiera di Rimini: «Quello dei flussi migratori - spiega durante una conferenza stampa assieme al primo ministro del Kenya Odinga e al vicepresidente della Repubblica della Sierra Leone Sam-Sumana - non si deve considerare come un problema italiano, o di Malta o della Grecia, ma della Ue» che «ha fatto molte affermazioni, ma non ha ancora risposta alla domanda `che cosa succede quando un gruppo di immigrati arriva alle porte dell'Europa?'». E sempre dal palco del Meeting di Cl gli risponde il ministro degli Affari esteri della Svezia e presidente di turno dell'Ue, Carl Bildt: «Il primo passo sarà alla fine di ottobre» quando si incontrerà il consiglio dei ministri degli esteri. «Aspettiamo una proposta della commissione - spiega Bildt - che sarà discussa nel consiglio dei ministri degli esteri dell'Ue a fine ottobre. E' un primo passo anche se si tratta di un problema così grande che non si risolve in una sola riunione».

Il titolare della Farnesina critica duramente anche La Valletta sul tema delle acque del «search and rescue»: un restringimento dello spazio marittimo maltese per la ricerca e il salvataggio è «indispensabile per l'intera comunità internazionale. Noi - spiega Frattini - già facciamo il monitoraggio fra l'Italia, la Libia e Malta. Le nostre motovedette lo sorvegliano e lo controllano e, come ho già detto, gli italiani sono coloro che più di chiunque altro hanno salvato il maggior numero di vite umane in mare. E' evidente che al di là dell'immediato soccorso, vi sono degli obblighi internazionali per una zona che si chiama proprio `ricerca e salvataggio' maltese che deve essere coperta dai maltesi ed è grande quasi quanto l'intero territorio italiano: 250mila chilometri quadrati di mare. Noi abbiamo detto che fosse un'area un po' troppo grande per la piccola Malta e noi continuiamo a ritenere che un negoziato che dura da dieci anni con Malta per quello spazio di mare è indispensabile per l'intera comunità internazionale. Malta ha detto no e per negoziare si deve essere in due». Poi si fa di ghiaccio quando qualche giornalista gli chiede il numero dei morti eritrei in mare: «Non c'è certezza sui numeri. La procura di Agrigento potrà probabilmente rivolgere richieste ai maltesi che li hanno incontrati per primi. Noi abbiamo salvato questi cinque poveretti soltanto quando sono arrivati nelle acque italiane. Se vi sarà una rogatoria internazionale, questa rogatoria potrà spiegare se ci sono stati pescherecci di altri paesi, certamente non italiani, che li hanno incontrati e li hanno lasciati andare». «Si vedrà caso per caso - aggiuge -. L'asilo politico non si dà in blocco, non si può dire `tutti gli eritrei meritano l'asilo politico'».

Infine Frattini giudica la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al leader libico Gheddafi il prossimo 30 agosto «opportunissima». «Con la Libia abbiamo dimostrato al resto del mondo di avere rotto col colionalismo» cosa che «non ha fatto nessun altro paese: ne rivendichiamo il merito». E sulla polemica tra Bossi e la chiesa il ministro taglia corto: «Io penso che i problemi non debbano essere affrontati con le polemiche ma con le cose concrete - dice -. L'Italia certamente di questa ultima tragedia non è responsabile ma è stata parte della soluzione, perché quei cinque disperati li abbiamo salvati noi, fino a prova contraria, altri non l'avevano fatto».