4 maggio 2024
Aggiornato 16:00
Missione ISAF

Frattini: «A Kabul finché servirà agli afgani»

Il ministro degli Esteri: «Serve un approccio globale»

ROMA - «Siamo in Afghanistan per una giusta causa: perché si tratta di una questione di sicurezza esistenziale, che riguarda tutti noi, la popolazione afgana e il mondo intero»: così scrive il ministro degli Esteri Franco Frattini in un editoriale pubblicato oggi sul quotidiano Il Tempo.

«L'11 settembre 2001 - prosegue il titolare della Farnesina - abbiamo tristemente scoperto che il terrorismo internazionale può colpire obiettivi innocenti ovunque nel mondo e in qualunque momento approfittando, per pianificare le proprie azioni, dei contesti istituzionali deboli o non consolidati in questo o quel Paese. Per questo motivo abbiamo tutti l'interesse affinché l'Afghanistan diventi un Paese stabile e sicuro. Per questo motivo le ragioni della continuazione della nostra missione in Afghanistan non possono essere messe in discussione. Le domande da porsi sono semmai due».

STABILIZZAZIONE - «La prima riguarda la strategia per raggiungere il nostro obiettivo e cioé la stabilizzazione dell'Afghanistan. La seconda riguarda i tempi della nostra permanenza in quel Paese. Le nostre risposte a queste due domande sono chiare e e nette. La nostra strategia di stabilizzazione è oggi solidamente basata su tre principi: un approccio «globale», il pieno coinvolgimento degli Afgani e la cooperazione regionale».

APPROCCIO GLOBALE - «Un approccio globale significa che la stabilità non può essere raggiunta attraverso i soli mezzi militari. Dobbiamo rendere funzionanti le istituzioni civili e creare benessere per la popolazione, sviluppando l'economia legale come alternativa valida alla produzione e al traffico di droga. Quando le circostanze lo permetteranno dovremo far sì che un maggior numero di afgani sia coinvolto nei processi politici, anche quanti, appartenenti ora a gruppi talebani, possano essere inclusi, se disarmati e rispettosi della Costituzione, in un processo di riconciliazione politica».

FUTURO - «Il pieno coinvolgimento degli afgani significa che il futuro dell'Afghanistan deve essere riposto nelle mani degli stessi Afgani. Lo sforzo della comunità internazionale è perciò teso a dar loro gli strumenti per rendere sicuro e governabile l'Afganistan. Per questo motivo le prossime elezioni presidenziali del 20 agosto - le prime gestite dagli Afgani - rappresenteranno un test importante per valutare la maturità della democrazia afgana. È fondamentale che queste elezioni siano credibili innanzitutto agli occhi della stessa popolazione. L`Italia ha deciso di inviare un ulteriore contingente di 500 uomini (oltre ai 2800 già presenti nella regione di Herat) per aiutare a garantire le condizioni di sicurezza durante il periodo elettorale».

«Fino a quando rimarremo in Afghanistan? Insieme ai nostri alleati siamo stati estremamente chiari: non intendiamo restare «sine die». Una presenza a tempo indefinito trasformerebbe la nostra missione in un'occupazione. Il nostro obiettivo è lasciare il Paese non appena gli afgani e le loro Istituzioni saranno in grado di gestire il Paese da soli. Ovviamente, prima avverrà meglio sarà per tutti. La pace sostenibile in Afghanistan è, in definitiva, la nostra 'exit strategy'».