19 aprile 2024
Aggiornato 15:30

Greenpeace scrive ai candidati alle Europee: cosa pensi del nucleare?

Ciascuno dei candidati è chiamato a indicare se è favorevole o contrario alla realizzazione sul territorio italiano di impianti nucleari EPR

ROMAGreenpeace scrive a sessanta dei candidati e candidate alle prossime Elezioni europee per conoscere la loro posizione sul ritorno dell'Italia al nucleare. Ciascuno dei candidati è chiamato a indicare se è favorevole o contrario alla realizzazione sul territorio italiano di impianti nucleari EPR e di uno o più siti geologici per il deposito delle scorie nucleari.
Greenpeace pubblicherà le posizioni dei candidati entro il 25 maggio, perché, prima di andare alle urne, i cittadini italiani possano sapere, senza censure e strategici silenzi, l’effettiva posizione dei candidati su una questione delicata come il nucleare.

Tutte le criticità del nucleare, anche con tecnologia EPR di terza generazione, rimangono irrisolte: dalla gestione delle scorie alla sicurezza degli impianti, dalla limitatezza delle risorse di uranio agli altissimi costi di costruzione. Da lungo tempo assistiamo, invece, a una campagna di disinformazione sul tema del nucleare da parte del Governo, che ha concluso un accordo con la Francia per avviare la realizzazione di quattro reattori nucleari EPR in Italia entro la fine della Legislatura.

«Sul tema nucleare molti candidati hanno finora evitato di parlare, temendo di perdere popolarità in vista delle prossime elezioni del 6 e 7 giugno» dichiara Andrea Lepore, campagna clima di Greenpeace Italia. «Occorre che tutti i candidati alle elezioni europee esprimano una posizione chiara sul nucleare di fronte ai cittadini italiani».

Mentre la maggioranza degli italiani e molti enti locali sono contrari al ritorno del nucleare, con il Ddl 1195, in discussione al Senato, il governo prepara una soluzione «sovietica» per riportare il nucleare in Italia, militarizzando la gestione delle scorie e il processo decisionale per l’apertura di nuovi impianti nucleari, in totale dispregio delle prassi democratiche adottate da altri Paesi con maggiore esperienza in questo campo, e contro le convenzioni internazionali vigenti.