29 aprile 2024
Aggiornato 18:30

Federalismo: primo ok Camera da commissioni, Pd non si oppone

Da martedì la riforma in aula. Bossi: «Ancora passettini in avanti»

ROMA - Con l'appoggio della maggioranza e dell'Italia dei Valori, con la sostanziale astensione del Pd, il federalismo fiscale supera il passaggio nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera e arriva all'esame dell'Aula con il mandato ai relatori a favorire favorevolmente: si partirà lunedì, con l'obiettivo di chiudere martedì 24. Umberto Bossi parla di «altro passettino in avanti», mentre Roberto Calderoli sottolinea che la riforma «è sempre più condivisa, garanzia che durerà oltre la legislatura», non come le precedenti riforme fatte a colpi di maggioranza.

Per sapere come il Pd voterà nell'Aula di Montecitorio bisognerà però aspettare almeno la riunione di gruppo fissata per l'inizio della prossima settimana, ma sembra sempre più probabile la conferma dell'astensione già adottata in Senato: tra i membri delle commissioni referenti c'è infatti chi spinge per il sì (ad esempio il pugliese Boccia e il lombardo Misiani) e chi, come D'Antoni, pur sottolineando i miglioramenti ritiene «un errore» un voto favorevole. Probabile che il voto finale sia alla fine condizionato alla soluzione dei problemi per la finanza locale (su cui lunedì in Aula si voterà la mozione Franceschini) e alla 'road map' per Codice delle Autonomie e relazione tecnica sugli effetti finanziari della risorsa.

Anche se sul comportamento del partito di Franceschini piovono le critiche dell'Udc, unica confermata 'opposizione del no': «è una legge spot che la Lega Nord si sta facendo con la complicità della maggioranza e del Pd», attacca Pier Ferdinando Casini. Effettivamente di miglioramenti il Pd, insieme all'Italia dei Valori, ne ha portati a casa. Oltre alla sostanziale riscrittura del testo già operata in Senato, i democratici hanno ottenuto in primis l'abolizione dell'aliquota riservata Irpef sostituita da un mix di compartecipazione a tributi erariali (in via prioritaria l'Iva) e addizionali (con la possibilità di disporre detrazioni ma solo nei limiti della legge statale). E poi il Pd ha ottenuto che la perequazione sia sempre a carico della fiscalità generale, ad eccezione del fondo per le funzioni non fondamentali delle Regioni (soluzione però gradita alle regioni stesse). Sul punto, però, il Pd chiederà in Aula ulteriori garanzie nel calcolo dei fondi stessi, spiega Marco Causi, affinchè siano «più generosi con il sud».

Per il mezzogiorno, però, il Pd ha ottenuto anche che nei fondi perequativi non rientrino le risorse ex lege 549 del '95, circa un miliardo e mezzo di euro che resteranno aggiuntivi rispetto ai fondi della perequazione. Dal punto di vista dell'impostazione normativa, i democratici hanno poi ottenuto il rafforzamento della bicamerale sui pareri ai decreti legislativi, e la messa nera su bianco del principio che dovrà sempre essere la legge statale, e non un decreto legislativo, a fissare i livelli essenziali di assistenza e di prestazioni. E altri due emendamenti rassicurano da un lato il fronte trasversale dei 'meridionalisti' dall'altro il Pd: il primo è l'inserimento di Reggio Calabria nell'elenco delle città metropolitane, il secondo è la previsione che l'istituzione di Roma Capitale possa avvenire solo con l'accordo di Comune e Provincia, un modo per garantire il coinvolgimento del presidente Pd della provincia Nicola Zingaretti.

Sicuramente l'Aula dovrà poi affrontare la questione dell'applicazione del provvedimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome. Per ora il testo è rimasto quello del Senato, ma lunedì alle 12.30 Calderoli incontrerà i presidenti degli enti interessati, per arrivare - spiega il minsitro leghista - ad una condivisione e una concretizzazione in un emendamento per l'Aula in cui sia chiara la volontà di tutti di una revisione a 360 gradi, salvaguardando l'autonomia ma aggiornando le intese» tra Stato centrale e Regioni a statuto speciale.