29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Il voto in Sardegna costituisce una grande conferma del ruolo carismatico di Berlusconi

Il Pdl dovrà essere presidenzialista

Lo ha affermato Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl, intervenendo sul quotidiano ’Libero’

«Il voto in Sardegna costituisce una grande conferma del ruolo carismatico di Berlusconi, dell’esistenza di una vasta area sociale e culturale di centrodestra, della profonda crisi della sinistra». Lo ha affermato Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl, intervenendo sul quotidiano Libero.

«Il retroterra storico del Pdl, (al netto di tutti coloro, e sono molti a cominciare proprio da Silvio Berlusconi, che hanno cominciato a fare politica dal 1994, con la fine della Prima Repubblica) e’ costituito da quattro tendenze politico-culturali tutte considerate ’eriticali’ dall’establishment della Prima Repubblica: le componenti cattolico-liberali e cielline, i socialisti-riformisti di stampo craxiano, i laico liberali, la destra nazionale. Gli effetti di questa ’marginalita» si ebbero a tangentopoli: a parte l’Msi-An, l’area di centrodestra della Dc e tutto il Psi furono distrutti.

Il Pdl non può non essere un partito presidenziale, fondato sulla indiscussa leadership di Berlusconi. In molti altri sistemi politici del mondo occidentale la leadership e’ fondamentale. Da queste esperienze internazionali vanno tratte delle giuste lezioni. Anche l’esperienza presidenzialista più estrema, quella Usa, mette in evidenza che alle spalle dei leader, esistono partiti che sono macchine politiche assai complesse, diramati sul territorio e capaci di mettere assieme molteplici interessi e varie tendenze culturali. Bisogna che anche il Pdl abbia in se questa ricchezza associativa a partire da due elementi fondamentali, un reale interclassismo e un effettivo pluralismo culturale (il discorso identitario nel Pdl non può essere a senso unico, vista la molteplicità di culture che albergano in esse, dalla cultura cattolica, a quella liberalsocialista, a quella della destra nazionale, a quella laico-liberale).

Il nuovo partito collocato nel Ppe, deve essere fondato sull’autonomia della politica, cioè deve essere un partito laico e non confessionale, e nel contempo deve essere sensibile alle riflessioni e alle sollecitazioni che provengono dalla coscienza cristiana del paese. Per ciò che riguarda la forma partito bisogna lavorare per fondere insieme il modello di Forza Italia con il modello An esprimendo forti innovazioni. Il nuovo partito dovrà essere un partito presidenzialista, segnato dalla leadership carismatica di Berlusconi e nel contempo un partito radicato sul territorio e caratterizzato dall’esistenza di sedi politiche (i coordinatori nazionali, l’esecutivo, la direzione, il consiglio nazionale), adottate anche a livello regionale e locale, nelle quali si sviluppi il dibattito politico.

Il nuovo partito, anche in vista delle nuove elezioni amministrative, dovrà porsi il problema di consolidare e di rivisitare il suo interclassismo alla luce della grave crisi economico-finanziaria in atto e in questo quadro dovrà concentrare la sua attenzione sia sul Nord che sul Mezzogiorno. In ogni caso l’operazione PDL deve puntare sul bipartitismo e sull’obiettivo di dare vita per un lungo periodo al grande partito dei moderati e dei riformisti, collocato nel Ppe, avendo l’ambizione di dar voce alla maggioranza di italiani liberali, moderati, riformisti e anticomunisti (perché il comunismo in Italia c’e’ ancora nel profondo della cultura e della società italiana, anche se spesso sotto mentite spoglie»