29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
«A Bologna faremo le primarie per decidere chi candidare a sindaco»

Beppe Fioroni: «Silvio e Tonino bloccano tutto»

Intervista di Antonella Rampino - La Stampa

Vacanze finite per Beppe Fioroni, segretario organizzativo del Pd. In viaggio tra Bologna e Firenze, i Fazenda in sottofondo, stila il bollettino delle novità, «Alla festa nazionale del Pd è tutto a posto», «A Bologna faremo le primarie per decidere chi candidare a sindaco», e così pure per il congresso del Pd, «un tema che continua a crescere: per me va bene anche farlo prima delle europee 2009, purché non sia una cosa alla Berlusconi, come qualcuno vorrebbe, in cui tutti applaudono e in pochi decidono. Ci vuole un congresso vero, su un progetto e sulle scelte politiche. Non dobbiamo rinnovare, come dice Arturo Parisi. Dobbiamo applicare il rinnovamento».

Però intanto a Roma, Fioroni, divampa la polemica sulla giustizia. Berlusconi dice che voi del Pd non volete dialogare, che siete ostaggio dei giustizialisti alla Di Pietro. E anche il segretario dell’Anm Cascini vi accusa, dice che nella sinistra, e anche nel Pd, c’è chi è in malafede, e non vuole i giudici indipendenti...
«Non voglio commentare, ma mi pare evidente che sia Berlusconi, e non certo il Pd, a puntare alla gestione politica dei giudici. Berlusconi e Di Pietro, poi, mi paiono complementari: stanno mettendo in atto tutti e due la «strategia della distrazione». Berlusconi e la sua maggioranza non hanno alcuna intenzione di dialogare con l’opposizione, e fanno come il lupo con l’agnello nell’apologo di Esopo. E c’è una frangia oltranzista, dipietrista, che gli dà corda. Il risultato sarà impedire un vero processo di riforma, tra un insulto di andata e un insulto di ritorno».

Il Pd richiamerà Di Pietro all’ordine?
«Non ci penso proprio. Non mi preoccupano né Berlusconi né Di Pietro. Da evitare sono pure quelli che si scelgono con chi dialogare, dando in giro patenti. No. Quello che il Pd deve fare, e che farà, è depositare a settembre il proprio disegno di riforma in materia di giustizia, discuterlo e confrontarsi in commissione e in aula. La nostra è una democrazia parlamentare, e quando la maggioranza non sarà più ossessionata dalla necessità di salvare il «cittadino Silvio», si accorgerà che occorre declinare in maniera diversa il rapporto tra giustizia e cittadino».

Cosa pensa del disegno berlusconiano di cancellare l’obbligatorietà dell’azione penale, e di ampliare il numero dei giudici di nomina parlamentare nel Consiglio Superiore della Magistratura? E’ d’accordo col segretario dell’Anm Cascini che ha definito quel progetto come autoritario, se non fascista?
«Francamente, mi pare una polemica astrusa. Il problema è il Csm, o il fatto che non funziona la giustizia civile, e che se ti scippano al mattino il ladro la sera è già in libertà?
La priorità non è la riforma del Csm. Mi pare che Berlusconi pensi anzitutto a controllare i giudici e le sentenze. Posso essere d’accordo sul principio di garantire l’imparzialità dei giudici, non sul controllarli politicamente. Imparzialità, e autonomia».

Resta dunque per lei il valore dell’autonomia della magistratura. Ma così non dà ragione a Berlusconi che vi accusa di non voler dialogare?
«C’è anzitutto un problema del cittadino con la giustizia: ci vogliono rapidità nei processi e certezza delle pene. Questo è il primo punto, se si vuol fare una proposta seria. Faccio notare che al momento siamo, da parte della maggioranza e del governo, solo alla dichiarazione di intenzioni, e vedo che il loro problema non è quello di amministrare e riformare la giustizia.
Noi discuteremo, certo, quando saranno presentati i testi di riforma, sperando che si tratti di qualcosa in più, per i cittadini, di quanto annunciato in questi giorni».

E se si partisse da una riforma concreta?
«Il dialogo mica è uno stato d’animo, il dialogo si fa su cose concrete, non su categorie dello spirito. Ci vedremo, con le nostre proposte in mano, in Parlamento. E’ sconvolgente che mentre c’è un’urgenza oggettiva di riforma della giustizia, a cominciare da quella civile e dalla certezza della pena, si faccia una polemica sui massimi sistemi».