18 aprile 2024
Aggiornato 05:00
lavoro

Gig economy: i rischi del decreto dignità per i lavoratori e per le aziende

Norme restrittive in materia di contratti a termine e contratti di somministrazione

Gig economy: i rischi del decreto dignità per i lavoratori e per le aziende
Gig economy: i rischi del decreto dignità per i lavoratori e per le aziende Foto: Shutterstock

MILANO – La caratteristica principale del Decreto Dignità appena varato dal Consiglio dei Ministri in tema di lavoro è l’introduzione di una serie di norme restrittive in materia di contratti a termine e contratti di somministrazione. L’intento del Governo, con questa misura, è quello di limitare pesantemente il loro utilizzo attraverso la reintroduzione di paletti non attuali e in alcuni casi favorendo una forte limitazione. In questo modo si otterranno due conseguenze negative: da una lato la misura non favorirà l’aumento dei contratti a tempo indeterminato e dall’altro si porranno limiti all’utilizzo di strumenti contrattuali che favoriscono l’emergere del lavoro nero.

Va spiegato che il contratto a termine è un’esigenza imprescindibile per le aziende e per le produzioni dettata dalla imprevedibilità dei mercati. Nessuna azienda può programmare assunzioni a tempo indeterminato per tutti perché sarebbe destinata al fallimento. Le produzioni si reggono su un giusto mix tra contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato. Non partire da questo dato di fatto rischia di compromettere qualsiasi ipotesi di riforma e avere ricadute negative sia sulle aziende sia sui lavoratori. Una cosa è limitare gli abusi, un’altra è compromettere il funzionamento dei uno strumento utile. Il Decreto Dignità, purtroppo, è più vicino alla seconda ipotesi.

«Nello specifico - spiega Isabella Covili Faggioli, Presidente Nazionale AIDP - chiediamo al Governo di avviare un tavolo di confronto con tutte le parti in causa, compresi i direttori del personale, per entrare con maggiore consapevolezza nel merito della riforma e per ragionare assieme ad un disegno di legge di riforma più ampio che tenga conto della complessa realtà del lavoro».

I punti della riforma che andrebbero cambiati
Alleggerire le causali. La norma varata reintroduce le causali abolite precedentemente (in forma più restrittiva di prima) per la stipula del primo contatto i rinnovi e per le proroghe se si superano i 12 mesi. Rispetto al passato le causali indicate sono molto più restrittive e stringenti in quanto si riferiscono ad eventi eccezionali e temporanei. Perché, se comunque si vogliono reintrodurre le causali, non pensare ad una versione meno restrittiva e più coerente con le reali esigenze delle produzioni? Distinguere tra contratto a termine e contratto in somministrazione. Le due tipologie contrattuali sono molto diverse. Non è pensabile di adottare con un meccanismo quasi automatico l’applicazione delle norme del contatto a termine a quello in somministrazione. Il contratto di somministrazione permette di coniugare le esigenze della flessibilità organizzativa con le tutele in modo efficace così com’è in tutta Europa. Proponiamo di escludere dalla somministrazione le limitazioni introdotte nel contratto a termine, che pure vanno riviste.

I punti della riforma che ci convincono
Rimando alla contrattazione nazionale. La conferma della possibilità di rimandare alla contrattazione tra imprese e sindacati nell’ambito dei Contratti nazionali di categoria la facoltà di poter intervenire con scelte migliorative rispetto ai contenuti del Decreto Dignità in materia di contratto a temine e contratto in somministrazione è certamente un fatto che giudichiamo positivamente.