24 aprile 2024
Aggiornato 07:00
telefonia

45 anni di telefonia mobile: come è cambiata la nostra vita

Il 3 aprile 1973 Martin Cooper fece la prima chiamata con un telefono cellullare. Sono trascorsi 45 anni

MILANO - Era il 3 aprile del 1973 quando Martin Cooper, dipendente Motorola, fece la prima chiamata della storia tramite un cellulare. Sono passati ben 45 anni, 45 anni in cui quell’oggetto che nel tempo ha assunto svariate forme e dimensioni, ha completamente rivoluzionato non solo il nostro modo di interagire con la società, ma anche il modo in cui lavoriamo e facciamo business.

Quel dispositivo utilizzato da Martin Cooper pesava circa un chilo e mezzo, era dotato di DynaTac, sigla che stava per Dynamic Adaptive Total Area Coverage. Non aveva un display e per essere reso autonomo per circa 35 minuti aveva bisogno di circa 10 ore di ricarica. Storiche rimarranno le sue parole: «Noi della Motorola ce l'abbiamo fatta. La telefonia cellulare è una realtà vera e propria». La telefonata arrivò per provocazione proprio al suo diretto rivale Joel Engel, ricercatore per la Bell Labs. Una sfida giocata a duri colpi quella delle due aziende per aggiudicarsi il primato di questa rivoluzionaria impresa. Eppure, oggi, tenere un cellulare tra le mani, è diventata un’abitudine irrinunciabile nella nostra quotidianità e quella del cellulare rappresenta una delle storie più incredibili di ciò che la rivoluzione tecnologica è in grado di fare.

E di come la tecnologia sia in grado di entrare nella nostra quotidianità, al netto degli annunci ufficiali e delle dichiarazioni dei media. Già, perchè da quel 3 aprile 1973 passarono ancora molti anni prima che il cellulare diventasse di uso comune. Il Motorola DynaTac 8000X, diretto successore del primo prototipo, arrivò sul mercato solo dieci anni dopo, nel 1983. È stato il primo nella storia dei telefoni cellulari a essere rilasciato commercialmente offrendo 30 minuti di conversazione, con la possibilità di memorizzare 30 numeri con un tempo di attesa di 6 ore. Costava la bellezza di 3mila dollari che poi, col cambio di oggi, sarebbero circa 9mila euro. E, dato il suo prezzo, inizialmente si configurò come uno strumento d’élite, che solo pochi potevano permettersi. Dalla seconda metà degli anni novanta, con le nuove tecnologie e prezzi contenuti, il cellulare smise di essere uno status symbol: la sua successiva estrema diffusione ha provocato la spontanea insorgenza di una sorta di galateo dedicato.

Ma è stato il passaggio dall’analogico al digitale a decretare l’effettivo successo del cellulare, con l’implementazione - oltre alla sola chiamata vocale - dell’uso dei messaggi di testo SMS, dando poi la possibilità di registrare e visualizzare foto e filmati. Con il GPRS si è consentito l'utilizzo del telefono cellulare anche per inviare foto e filmati digitali, streaming audio e video (generalmente solo con l'EDGE, l'ultima evoluzione del 2G), navigare in Internet (nello speciale protocollo Wireless Application Protocol (WAP) oltre al tradizionale HTTP) e spedire e-mail, mentre con l'UMTS (terza generazione) si sono aperte le porte alle videotelefonate (successivamente venne integrata la possibilità anche ai dispositivi 2G).

L’azienda che cambiò le nostre vite (anche la mia, ndr.) fu, naturalmente, Nokia. Il primo cellulare fu offerto nel 1989. Si chiamava Mobira Cityman900 e costava - con il valore di oggi - 9500 euro. Nel frattempo, tra il 1990 e il 1995, complici i miglioramenti tecnologici, la portabilità e il design, i cellulari diventarono piano piano di uso comune. Sempre più una norma, anzichè l'eccezione dei ricchi. Nel 1997 il Nokia 6110 era praticamente il telefono cellulare di tutti e l’azienda era diventata ufficialmente il più grande produttore di cellulari al mondo. Il più famoso, e lo ricordiamo tutti, il 3310, ancora oggi è considerato come il telefono cellulare più indistruttibile mai costruito.

Da lì, il passaggio agli smartphone è stato veloce e l’impronta della tecnologia si è fatta sempre più strada nella nostra quotidianità. Oggi il cellulare è un’estensione di noi stessi - purtroppo. Ci serve per comunicare, ma cosa più importante, ci serve sempre più per vivere (o per sopravvivere, decidete voi). E se 30 anni fa era l’oggetto «in» degli imprenditori, degli attori e della classe più benestante, oggi è un concentrato di tecnologie che, nella maggior parte dei casi, neppure sappiamo di utilizzare. I nostri telefoni sono impregnati di intelligenza artificiale. Una tecnologia che siamo abituati ad associare ai robot, ma che invece vive anche nei nostri telefoni. Con le notifiche che ci appaiono sullo schermo quando siamo alla stazione, e ci ricordano che il treno che stiamo aspettando arriverà con 10 minuti di ritardo, oppure con quelle che ci segnalano gli sconti del negozio dietro l’angolo o ci consigliano di dare un’occhiata alle foto (postate da altri) del ristorante in cui pranziamo.

Il mobile ha ormai conquistato la popolazione mondiale, superando di gran lunga gli altri device nell’accesso a internet. Conta per oltre la metà dei minuti complessivi spesi online in 13 Paesi, con quote che superano il 75% in Messico, India e Indonesia. In Italia questa percentuale si ferma al 62%, in linea con i dati di USA e Regno Unito. Tutti i servizi, che siano pagamenti, acquisti, comunicazione, passano attraverso il telefono cellulare. Lo possiamo posare sul pos per pagare la spesa al supermercato, oppure usiamo l’app del Comune per pagare il parcheggio. Facciamo acquisti sull’app di Amazon e controlliamo il conto in banca, insieme agli orari dello sportello. Lo usiamo come navigatore mentre ci spostiamo e per vedere un film sul treno che ci porta in una città lontana. Il cellulare ha permeato così tanto la nostra quotidianità, che persino Google ha recentemente cambiato i suoi algoritmi per consentire delle migliori ricerche attraverso mobile.

Sono passati solo 45 anni da quella scatola che Martin Cooper teneva appoggiata all’orecchio. Oggi si parla di robot e viene quasi da chiedersi quando passeggeranno accanto a noi al posto del cane. Sperando, sinceramente, che non diventino così indispensabili.