Nuova vita agli scarti, quattro startup dell'economia circolare
Non è solo una questione di ambiente e della sua salvaguardia. In ballo ci sarebbero, secondo la Commissione Europa, ben 580mila posti di lavoro che andrebbero a crearsi, proprio attraverso l’economia circolare

ROMA - Dare un nuovo valore ai prodotti di scarto derivati dalla lavorazione di alimenti e di prodotti, generando, così, un nuovo ciclo. Che, poi, se si possono riutilizzare, chiamarli scarti è quasi una ‘bugia’. L’economia circolare ha l’obiettivo di rendere nuovamente fruibili quei composti o quelle sostanze che - altrimenti - verrebbero gettati. Una grande opportunità per l’Europa che stringe la morsa sul riciclo, aumentando anche la percentuale degli alimenti che devono essere riciclato (il 70%) dei rifiuti urbani.
Creazione posti di lavoro
Non è solo una questione di ambiente e della sua salvaguardia. In ballo ci sarebbero, secondo la Commissione Europa, ben 580mila posti di lavoro che andrebbero a crearsi, proprio attraverso l’economia circolare. Con un risparmio annuo di 72 miliardi di euro per le imprese europee grazie a un uso più efficiente delle risorse e quindi a una riduzione delle importazioni di materie prime. I posti di lavoro potrebbero crescere sino a 867mila se all’obiettivo del 70% di riciclaggio si accompagnassero a livello europeo e nazionale anche misure ambiziose per il riuso, in particolare nell’arredamento e tessile. Solo in Italia si possono creare almeno 190mila nuovi posti di lavoro, al netto dei posti persi a causa del superamento dell’attuale sistema produttivo. Vi abbiamo selezionato qui alcune startup da cui prendere spunto.
Fertilana
Trasformare la lana in un fertilizzante bio, in modo tale che possa essere utilizzato in agricoltura. Un modo innovativo di concepire i prodotti che la fauna ci offre, quelli che solitamente vengono definiti scarti, riutilizzandoli per dare vita a componenti completamente nuovi. E’ questo ciò che fa T.C.P. Engineering, startup innovativa nata all’interno del Politecnico di Torino, che dopo 3 anni di lavoro sul progetto europeo Life+GreenWoolF, ha creato il suo progetto Fertilana. «L’idea alla base di Fertilana è di degradare la struttura base della lana (che è una proteina) e di ottenere un prodotto fertilizzante che può essere impiegato anche in agricoltura biologica in quanto durante il nostro processo non facciamo uso di sostanze chimiche - ci spiega Alberto Pezzin, co-founder -. Al momento ci stiamo concentrando sulla promozione dell’idea presso i consorzi di allevatori, i produttori di fertilizzanti e gli enti pubblici in modo da evidenziare le potenzialità di un possibile recupero e valorizzazione delle lane di scarto con il nostro metodo».
DuediLatte
Un prodotto ecosostenibile, naturale e Made in Italy. Elisa Volpi e Antonella Bellina producono tessuti grazie agli scarti derivanti dalla lavorazione del latte. «La fibra si ottiene attraverso un processo molto particolare che permette di ridurre moltissimo l’impatto ambientale - ci racconta Elisa -. Tutti gli scarti del latte vengono conglobati in grosse vasche. Da questi viene separata la caseina che viene poi polverizzata per subire successivamente un processo idoneo a renderla filamentosa. Infine viene essiccata. Per creare 1 chilo di fibra si usa una quantità di acqua decisamente inferiore rispetto ai procedimenti tradizionali. In più le emissioni CO2 sono ridotte al minimo». I capi, proprio perché mantengono le caratteristiche della caseina, sono morbidi, freschi. Svolgono un’azione ipoallergenica e aiutano a mantenere inalterata la temperatura corporea.
Wineleather
Wineleather è la prima similpelle vegetale prodotta attraverso il trattamento delle fibre vegetali e degli oli contenuti nella vinaccia. Nel mondo, ogni anno, vengono prodotti 26 miliardi di litri di vino. Da questo processo produttivo è possibile ricavare quasi 7 miliardi di kg di vinaccia, da trasformare in una materia prima dal grande valore aggiunto, per produrre potenzialmente ogni anno 3 miliardi di metri quadri di Wineleather.
Oltrecafè
Partire dai fondi caffè per creare pellet ecologico. «Il nostro Paese è un ottimo punto di partenza - ci racconta Francesca - . Non solo siamo grandi importatori di pellet (quasi 3 milioni di tonnellate all’anno), ma produciamo circa 180 milioni i chili di caffè che poi diventano rifiuto. Studiando questo materiale che purtroppo ancora tendiamo a sottovalutare, ho capito che potevamo fare molto di più, trasformandolo nel primo pelle italiano al 100% ecologico». I fondi di caffè, infatti, sottoposti al processo di pellettizzazione, possono diventare un vero e proprio combustibile ecologico.
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