18 aprile 2024
Aggiornato 11:00
realtà virtuale

Embryo, l'evoluzione tech degli workspace di oggi

Embryo è una postazione automatizzata, capace di ruotare su più assi e che diventa un luogo fisico in cui isolarsi per lavorare, trascorrere attimi di relax, divertirsi o imparare

PADOVA - Da una parte la realtà virtuale il cui mercato punta ai 162 miliardi di dollari nel 2020. Dall’altra lo smart working, per cui solo in Italia si stimano circa 250mila lavoratori agili. Un connubio a cui Andrea Salmaso, architect e futurist designer, ha deciso di dare una forma concreta. Si chiama Embryo - Multimedia Workstation, il progetto che Andrea e il suo team hanno portato al Premio Nazionale per l’Innovazione organizzato dal PNICube e svoltosi dall’1 al 3 dicembre a Modena.

Cos’è Embryo
Una postazione automatizzata, capace di ruotare su più assi e che diventa un luogo fisico in cui isolarsi per lavorare, trascorrere attimi di relax, divertirsi o imparare. Come? Anche attraverso la realtà virtuale. «Embryo nasce da una necessità specifica - ci racconta Andrea -. Avere uno spazio personale e intimo in qualsiasi ambiente ci si trovi. Quando frequentavo l’Università e avevo bisogno di concentrarmi per studiare non riuscivo mai a trovare un posto silenzioso in cui poterlo fare. Lo stesso discorso può essere fatto per gli smart worker che si trovano a dover viaggiare spesso per lavoro, ma anche per altre situazioni».

Un luogo privato in uno spazio pubblico
Di fatto, Embryo unisce i dispositivi mobili che siamo soliti usare nella nostra vita in un’unica postazione ergonomica e confortevole, isolata, e dove è possibile vivere l’esperienza della realtà virtuale che interagisce con i movimenti della macchina. Insomma, l’evoluzione tecnologica dei comuni spazi di workspace che siamo soliti affollare oggi. Lavoro, relax, intrattenimento, educazione. Sono solo alcuni degli ambiti di applicazione di questo progetto.

Per i musei e le università
«Embryo potrà essere usata nei musei - ci racconta Andrea - come postazione per vivere percorsi virtuali culturali legati alle tematiche dello stesso museo. Oppure, in campo educativo, potrà essere usato dallo studente che non può recarsi a scuola e che in questo modo potrà seguire le lezioni come se fosse realmente presente in aula». Già oggi, infatti, molti programmi scolastici stanno facendo uso della realtà virtuale per realizzare dei veri e propri percorsi formativi e lo stesso accade per i musei, già in procinto di dotarsi di tour virtuali. «A oggi non esiste uno spazio dedicato dove usare la realtà virtuale - continua Andrea -. Embryo assolve questa esigenza». In più la postazione può servire come luogo di relax, intrattenimento o lavoro all’interno degli aeroporti, andando a rivoluzionare completamente tutto il tempo che siamo soliti attendere quando aspettiamo di partire.

Una curiosità
Ma perché chiamare questa postazione Embryo che, tra l’altro, ha anche una forma ovoidale? «Il periodo embrionale è quello in cui l’uomo subisce la maggiore evoluzione possibile - ci dice Andrea -. All’interno del corpo della mamma ha a disposizione tutto ciò di cui ha bisogno per la sua crescita. Ecco, noi vogliamo che Embryo sia un luogo in cui avere a portata di mano tutto il necessario per lo sviluppo esponenziale dell’individuo, servendosi delle nuove tecnologie». Ora, dopo l’internazionalizzazione del brevetto, Andrea e il suo team - composto da tre architetti e un ingegnere informatico - realizzeranno il prototipo definitivo. Un progetto ambizioso, ma che segue l’inevitabile sviluppo dell’uomo, degli spazi e del tempo.