31 luglio 2025
Aggiornato 12:30
il 30% chiede a mamma e papà

Startup, i primi finanziamenti di avvio arrivano dalla famiglia

Secondo l’ultimo rapporto del Global Entrepreneurship Monitor il 30% degli imprenditori finanzia l'avvio di una startup innovativa grazie ai fondi della famiglia. Il crowdfunding una delle ultime spiagge

ROMA - «Cari mamma e papà faccio una startup, mi date una mano?». Pare proprio che in Italia il trend sia quello di chiedere il primo aiuto economico per l’avvio di un’impresa alla famiglia. Lo fa il 30% di chi è in procinto di avviare una startup innovativa.

I fondi di avvio arrivano dalla famiglia
A rilevarlo è l’ultimo rapporto del Global Entrepreneurship Monitor (Gem) sulla finanza imprenditoriale, che ha analizzato modelli di finanziamenti di nuovi business in tutto il mondo. In Italia servono circa 50mila euro per avviare un’impresa e se il costo medio di avvio è sceso, dall’altra l’accesso ai finanziamenti resta uno dei più gravi problemi per le imprese in molte economie del mondo, con conseguenti difficoltà sia per le piccole che per le medie imprese. I dati ne sono la conferma. Se nel 2004 l’importo medio necessario per avviare un’impresa era di 54mila dollari, si è passati a 65mila nel 2006, mentre nel 2015 l’importo medio è sceso a 13mila. In Italia, tuttavia, le cifre restano alte con una media di 55mila dollari.

I fondi personali
I primi finanziamenti per l’avvio di una startup, restano comunque, nella maggior parte dei casi, di provenienza interna al nucleo famigliare o comunque personali. A livello mondiale siamo a quota 95%. Israele e la Spagna riportano la più bassa percentuale di imprenditori che utilizzano il proprio denaro come fonte di finanziamento imprenditoriale (79%), mentre si sale a quota 98% se si parla di paesi come la Cina . Del resto i risparmi personali, così come i contributi della famiglia, hanno giocato da sempre un ruolo fondamentale per l’avvio e lo sviluppo di una startup. «Far parte di una cerchia sociale privilegiata permette ancora agli imprenditori di ricevere una bella spinta, in particolare in Africa e in Nord America, dove i tassi di investimento informali sono più alti - spiega Penny Kew, co-autore dello studio -. In tutte le regioni, la maggior parte degli investitori informali forniscono i fondi ai membri della propria famiglia, ed una percentuale sostanziale fornisce un aiuto ad amici e vicini di casa».

L’equity crowdfunding
Accanto alle banche che rimangono una fonte importante di finanziamento e ai fondi governativi, fondamentali soprattutto in Nord America e in Europa, si stanno sviluppando sempre più nuove forme di prestito come il crowdfunding e l’equity crowdfundig. Una forma di finanziamento iniziale che, tuttavia, le startup sono ancora restie ad adottare, malgrado i notevoli vantaggi. «Il capitale ottenuto attraverso l’equity dà alla startup la possibilità di crescere più velocemente rispetto a un prestito bancario che deve essere restituito entro breve termine - spiega Matteo Masserdotti di Tip Ventures -. Il capitale di rischio, invece, deve essere sì restituito, ma verosimilmente quando la società sarà avviata e andrà a gonfie vele». Ma non solo, poiché l’equity crowdfunding, permette alla startup di validare veramente il proprio prodotto. In una fase iniziale la startup ha, così, la possibilità di capire quanto possa essere interessante il suo prodotto sul mercato: «Nel caso in cui dovesse ottenere finanziamenti da molti investitori - continua Matteo - potrà risultare più appetibile per un investitore professionale in un secondo round di finanziamento».