Twitter, analytics accessibili a tutti
L'azienda americana lancerà una nuova funzione per consentire ai suoi utenti di accedere a dati sui loro tweet, come ad esempio il numero di persone che hanno visualizzato un determinato messaggio o il profilo demografico e la provenienza geografica dei proprio follower.
NEW YORK - Twitter ha annunciato che lancerà una nuova funzione per consentire ai suoi utenti di accedere a dati sui loro tweet, come ad esempio il numero di persone che hanno visualizzato un determinato messaggio o il profilo demografico e la provenienza geografica dei proprio follower.
L'analytics dashboard verrà resa disponibile a tutti gli utenti in possesso di un account da almeno 14 giorni i cui tweet siano scritti principalmente in inglese, francese, spagnolo o giapponese.
MARKETING SOCIAL - Come sottolinea il Washington Post, questa nuova funzione risulterà utile soprattuto alle società di marketing «social», che potranno ottenere dati utili per orientare le strategie dei propri clienti.
L'apertura dei dati sui tweet potrà essere sfruttata anche da figure pubbliche come i politici o i giornalisti che potranno avere un'idea più chiara sul tipo di audience che segue la loro attività sul social network.
LA «SPIRALE DEL SILENZIO» - Gli utenti che su Facebook credono di avere amici in linea con le loro opinioni hanno una predisposizione doppia a condividere online il proprio pensiero rispetto a quelli che ritengono di pensarla diversamente dai propri contatti. La probabilità che chi usa regolarmente il social condivida la propria opinione nella vita reale, inoltre, è circa la metà rispetto a chi non frequenta i social network. A dirlo è lo studio «I social media e la spirale del silenzio» del Pew Research Center.
La «spirale del silenzio», teorizzata dalla sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann nel '74, descrive la tendenza di una persona a non parlare di questioni politiche se ritiene che i suoi interlocutori - familiari, amici, colleghi - la pensino in modo diverso. I ricercatori hanno testato la teoria sui social per vedere se le relazioni virtuali offrissero spazio a chi ha opinioni minoritarie. Stando ai risultati, l'86% degli americani è disposto ad esempio a discutere del Datagate nella vita reale, ma solo il 42% è disposto a farlo su Facebook e Twitter. Del 14% che non ne parlerebbe di persona, solo lo 0,3% lo farebbe sui social.
EFFETTO CONDIZIONAMENTO - Sempre secondo lo studio, chi usa Facebook e Twitter più volte al giorno è anche meno propenso a condividere le opinioni offline, soprattutto se pensa che amici e follower virtuali abbiano un pensiero diverso. Secondo i ricercatori, «questo suggerisce che la spirale del silenzio potrebbe propagarsi dai contesti virtuali a quelli reali». Ma può anche significare che «l'ampia consapevolezza che gli utenti dei social hanno delle proprie reti li rende più restii a parlare perché sono particolarmente sintonizzati sulle opinioni di chi li circonda».
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