Tribunale della Verità 2.0. Il decalogo di Facebook contro le «fake news»
Da contenitore, a contenuto, ad arbitro di contenuti. L'evoluzione di Facebook in 13 anni di vita è impressionante. E oggi il social aspira a diventare un 'Tribunale della Verità 2.0'
ROMA - Quando il diaciannovenne Mark Zuckerberg, studente di psicologia con il pallino della programmazione, partorì l'idea che poi lo rese ricco e famoso da un capo all'altro del pianeta, pensava di creare «semplicemente» una piattaforma online per permettere agli studenti di Harvard prima, e di tutto il Nord America poi, di condividere le loro foto e i loro pensieri. Ecco spiegato il nome, «Facebook», dall'uso delle università americane di creare una lista dei propri studenti con nome e fotografia.
Da contenitore a contenuto
Quindi, l'inaspettato successo; i primi grandi investitori, la diffusione a livello internazionale. Facebook è diventato molto di più: un social per condividere pensieri,informazioni, fotografie, una continuazione online dei rapporti di amicizia e non solo; addirittura, una loro sostituzione. Più di recente, il network si è trasformato in un pilastro insostituibile nella strategia di web marketing di aziende e del mondo editoriale in generale, fino ad arrivare al paradosso che, da piattaforma per la pubblicazione di contenuti, il social di Mark Zuckerberg si sta rovesciando nel contenuto stesso: e non solo perché sempre più persone lo usano per informarsi, come un «super-giornale» che contiene al suo interno frammenti di tante testate diverse. Ma anche perché, oggi, Facebook si ergea giudice, mediatore e a «Tribunale della Verità» insieme.7
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L'arbitro
Il riferimento orwelliano è voluto, perché, a ben vedere, lo scenario cui ci troviamo di fronte è un po' inquietante. Facebook non solo sarà il medium che ci permettere di essere raggiunti in ogni momento dalle notizie, ma sarà anche l'arbitro che ne giudicherà la fondatezza e l'autenticità. In un periodo in cui tanto si sventola la minaccia delle bufale e delle «fake news», dunque, il social ha pubblicato il suo decalogo per riconoscere un «falso». «Falso» che Adam Mosseri – vicepresidente di News Feed (la bacheca di Fb) – ha definito ciò che «punta deliberatamente e consapevolmente a fuorviare e a depistare». L'argomento è ovviamente controverso, come la vaghezza di questa stessa definizione dimostra.
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Il decalogo
Ad ogni modo, l'iniziativa di Facebook è durata tre giorni e ha interessato 19 Paesi (compresa l'Italia). Agli utenti è comparso infatti, nella colonna News Feed, un avviso su come riconoscere le notizie false. Cliccandoci sopra, ad apparire era il famoso «decalogo» per valutare la fondatezza di una notizia.
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Essere scettici fin dal titolo. Le false notizie spesso hanno titoli accattivanti, scritti in maiuscolo e con punti esclamativi. inoltre fanno affermazioni scioccanti e incredibili.
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Osservare attentamente l’URL. Un URL fasullo o sosia può essere un segnale di avvertimento di notizie false. Molti siti di notizie false imitano il nome di testate o fonti di notizie autentiche facendo piccole modifiche alla URL.
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Indagare la fonte. Assicurarsi che la storia sia scritta da una fonte della quale ti fidi e con una reputazione riconosciuta. Se la storia viene da un’organizzazione sconosciuta, controllare la loro sezione «Informazioni» per saperne di più.
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Guarda per la formattazione insolita. Molti siti di notizie falsi hanno errori ortografici o layout molto scomode.
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Considerate le foto. False notizie spesso contengono immagini o video manipolati. A volte la foto può essere autentica, ma inserita fuori contesto. È possibile cercare la foto sui motori di ricerca per verificare da dove proviene.
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Controllare le date. le notizie false possono contenere linee temporali non ben identificabili che rendono senza date un senso un evento.
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Controllare le prove. Controllare le fonti dell’autore per confermarne l’esattezza. La mancanza di prove o le notizie che dipendono da esperti senza nome possono indicare una notizia falsa.
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Guardate in altri rapporti. Se nessun altra fonte di notizie sta riportando la stessa storia, bisogna sospettare della sua veridicità. Se la storia è riportato da più fonti fidate, è più probabile che sia vero.
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È una notizia o uno scherzo? A volte le notizie falsi possono essere difficili da distinguere da umorismo e satira. Controllare se la fonte è conosciuta come satira e se i dettagli della storia e il tono suggeriscono che potrebbe essere un contenuto solo per divertimento.
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Alcune storie sono volutamente false. bisogna sempre pensare in modo critico sulle storie che si leggono.
I particolari sospetti delle notizie
Le indicazioni del social network riguardano i «particolari sospetti» in una notizia che dovrebbero mettere in guardia l'utente: dal titolo, se scritto tutto in maiuscole e con punti esclamativi, all'URL, se troppo simile a quello di siti famosi, fino ad arrivare alla presenza di errori di battitura o all'assenza dell'indicazione delle fonti. In alcuni casi, i consigli sono piuttosto banali, con un approccio iper-paternalistico verso l'utente al quale si chiede di usare «le tue capacità critiche quando leggi le notizie online» e di condividerle «solo se non hai dubbi sulla loro autenticità». Consiglio che, di per sé, lascia il tempo che trova, visto in molti casi per l'utente medio è impossibile verificare incontrovertibilmente la fondatezza di una notizia, soprattutto quando questa riguarda ambiti che prevalicano certamente il suo campo d'azione come gli affari internazionali.
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Tribunale della Verità 2.0 e senso critico
Mosseri è però consapevole che questa campagna di tre giorni non basta: le fake news vanno combattute sul campo. E' da mesi che si parla di possibili iniziative concrete di Facebool per segnalare agli utenti i contenuti che ritiene classificabili come «bufale». Negli Usa il «Tribunale della Verità 2.0» è già attivo: le notizie «false» vengono contrassegnate con un bollino. L'utente è libero di leggerle, ma è avvisato a priori sull'inautenticità del contenuto. Un'iniziativa, come si può facilmente comprendere, decisamente controversa: ci si potrebbe chiedere quali siano, infatti, i criteri che il social utilizza per individuare le bufale, se quelli indicati nel decalogo o c'è di più. Non si vede come, peraltro, questa attività possa stimolare «il senso critico dell'utente», come recita il decalogo di Facebook. Per quanto il principio generale della difesa dell'informazione corretta e fedele ai fatti sia condivisibile, il rischio è quello di sottoporre ai fruitori una verità preconfezionata, decisa e calata dall'alto. Una prospettiva, inutile negarlo, quantomai inquietante.
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