Turchia-Germania, tensione alle stelle: Erdogan ha in pugno Frau Merkel
Erdogan dà dei nazisti ai tedeschi; i tedeschi ostentano calma e invitano al sangue freddo. Perché? La Cancelliera sa bene che, oggi più che mai, di far arrabbiare il sultano proprio non se lo può permettere
ANKARA – E' da mesi che i rapporti tra Germania e Turchia sono sull'orlo del precipizio, almeno da quando Berlino ha criticato duramente le severe repressioni praticate dal «sultano» Tayyp Recep Erdogan dopo il golpe fallito di luglio. Negli ultimi giorni, però, sono volate a dir poco parole grosse. Parole che rievocano quella che è e rimarrà per sempre la ferita aperta della Germania, l'onta ingominiosa della sua storia recente: il passato nazista. Passato che il presidente turco Erdogan ha impunemente rievocato, attaccando Berlino a causa della decisione tedesca di non consentire alcuni comizi per il referendum costituzionale turco sul suo territorio.
Le accuse di nazismo
Parlando nel corso di una manifestazione di donne favorevoli al referendum per la riforma costituzionale, Erdogan si è rivolto alle autorità tedesche. «Le vostre pratiche non sono diverse da quelle dei nazisti. Pensavo che la Germania avesse rinunciato da tempo a queste cose, ma mi ero sbagliato».
Il referendum della discordia
Un attacco che segue ore di intense polemiche, scatenate dalla decisione di alcune autorità locali tedesche di non consentire lo svolgimento di eventi nei quali avrebbero dovuto comparire ministri del Governo di Ankara per arringare i turchi che vivono in Germania prima del referendum costituzionale del prossimo 16 aprile. Quel referendum, per intenderci, che renderebbe Tayyp Recep Erdogan sul «super-presidente», obiettivo cui il sultano lavora alacremente da tempo. «La signora Merkel dice che rispettano la libertà di espressione; il ministro degli esteri dice che non ha influenze su queste decisioni, ma se si guardano con attenzione entrambe le dichiarazioni, non criticano le decisioni» della autorità locali tedesche, aveva detto il ministro della Giustizia Bekir Bozdag. «Non dicono che la decisione è sbagliata». Merkel ieri ha detto che la scelta è stata «fatta dai comuni e, in linea di principio, applichiamo la libertà di espressione in Germania».
Germania e Olanda infastidite dalla propaganda turca
In vista del referendum, i viaggi dei ministri turchi in Germania per sostenere il «sì» al voto davanti alla grande comunità turca sono stati molto criticati. Bozdag avrebbe dovuto parlare giovedì in un comizio, cancellato, a Gaggenau e le autorità di Colonia hanno revocato l'autorizzazione a usare un centro congressi per un intervento del ministro dell'Economia Nihat Zeybekci. Una terza città, Frechen, ha annullato un evento in programma domani. Non solo la Germania sembra mal sopportare eventi di questo genere. Di recente, anche il cancelliere Christian Kern ha duramente criticato la propaganda turca in Europa, chiedendo peraltro all'Ue che venga ufficialmente vietata la campagna per il referendum fatta da politici turchi sul suolo dell'Unione europea.
L'arresto del giornalista di Die Welt
Ad ogni modo, questo è soltanto l'ultimo episodio (forse il peggiore) delle recenti controversie che hanno visto opporsi Berlino e Ankara. Alcuni giorni fa, il clima era nettamente peggiorato a causa dell'arresto lunedì del giornalista turco-tedesco di Die Welt Deniz Yucel per «propaganda terroristica».
Berlino punta al dialogo
Naturalmente, le accuse di «nazismo» da parte di Erdogan hanno scatenato un vero e proprio parapiglia istituzionale. Ma le reazioni dei tedeschi, nonostante la gravità delle uscite del sultano, sono state incredibilmente misurate. Il ministro della Giustizia tedesco, il socialdemocratico Heiko Maas, ha definito le esternazioni di Erdogan «infamanti, astruse, inaccettabili e da respingere nel modo più netto». Maas ha però invitato tutti a non lasciarsi «provocare» dal presidente turco: «Lui adesso sta provocando. Noi dobbiamo fare attenzione a non lasciarci provocare». Quindi, il Ministro tedesco si è espresso contro l'ipotesi, auspicata da alcuni, di vietare l'ingresso in Germania ad Erdogan: "La decisione di un divieto di ingresso non migliorerebbe la situazione». Con un messaggio Twitter, Maas ha poi affermato: «Solo con il dialogo potremo ottenere qualcosa».
La reazione «zen» della Cancelliera
La stessa cancelliera Angela Merkel e l'intero gabinetto federale tedesco hanno respinto con vigore il paragone col nazismo, definendo simili parallelismi sono "assurdi e fuoriluogo». Eppure, il commento della Cancelliera è stato incredibilmente prudente e lucido. Merkel, infatti, ha chiesto a tutti di «mantenere i nervi saldi» e ha invitato «a criticare anche apertamente i nostri partner turchi, ma sempre tenendo bene a mente lo speciale significato della nostra relazione, facendo in modo che il sangue freddo prevalga», ha detto il portavoce di Merkel, Steffen Seibert. Lo stesso vicecancelliere Sigmar Gabriel, che tra qualche ora incontrerà a Berlino il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, ha ribadito: «Non dobbiamo sfasciare le basi dell'amicizia fra i nostri Paesi».
Un'alleanza che non deve rompersi
Gli sproloqui del sultano sembrano insomma lasciare quasi indifferenti i massimi vertici tedeschi, che sembrano determinati a ingoiare il «boccone amaro» e a tollerare le incredibili provocazioni di Erdogan. La linea, insomma, è quella di condannare quelle parole, ma mantenere salda l'alleanza tra i due Paesi. Un'alleanza che alla Germania fa decisamente comodo, soprattutto in tempo di elezioni.
Chi ha il coltello dalla parte del manico?
Sì, perchè non dobbiamo dimenticarci che è il sultano turco a regolare il «rubinetto" di migranti sulla rotta balcanica, a seguito di quell'ambiguo e controverso accordo firmato lo scorso anno e negoziato proprio dalla Cancelliera tedesca. Un accordo sancito in cambio di 6 miliardi di euro in due anni, di una liberalizzazione dei visti turchi in Ue e di una riapertura dei negoziati di adesione in Ue. Erdogan ha già dimostrato più volte di avere il coltello dalla parte del manico, minacciando ciclicamente di stracciare l'accordo se l'Europa non avesse soddisfatto a quelle inguardabili condizioni. Di certo, questo sarebbe per la Cancelliera il momento peggiore per constatare la rottura del patto: con le elezioni tedesche e francesi che si avvicinano e l'Europa sempre più in balia dei «populisti», la riapertura della rotta balcanica sarebbe letteralmente l'ultimo disastro. Ecco, dunque, il sottotesto di quel messaggio di prudenza e conciliazione mandato dall'astuta Frau Merkel: «mantenete i nervi saldi». Perché il sultano, è il sottinteso, ha il coltello dalla parte del manico.
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