Tutti i motivi per cui la Commissione Ue si lamenta di Roma
E' tesa l'atmosfera che si respira in questi giorni a Bruxelles, in merito allo scontro ormai aperto fra il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, e il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi
BRUXELLES - Sconcerto e disappunto per una polemica alimentata anche da articoli della stampa italiana basati su interpretazioni fantasiose o approssimative, errori fattuali, e perplessità rispetto a un problema chiaro e specifico di mancanza di un interlocutore, di un dialogo dietro le quinte serrato e frequente con il governo italiano, come invece esiste e funziona fra Bruxelles e i governi degli altri Stati membri, almeno i più importanti. E' l'atmosfera che si respira in questi giorni a Bruxelles, in merito allo scontro ormai aperto fra il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, e il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi.
I tempi d'oro
Il disappunto è tanto più grande se si pensa che l'Italia è sempre stata l'alleato migliore, il più fedele e costante della Commissione, anche in alcuni momenti più difficili quando al governo c'era Silvio Berlusconi, e se si ricorda che Juncker aveva salutato con favore l'ascesa al potere di Renzi, era nel Ppe fra i leader più critici contro lo stesso Berlusconi, e ha sempre sostenuto l'agenda di riforme «nella giusta direzione», come si usa dire a Bruxelles, dell'attuale premier italiano.
Poco presente
Ma, mentre i governi francese, tedesco, spagnolo, polacco, britannico mantengono contatti costanti con la Commissione (al livello di gabinetti) attraverso i loro «sherpa», e i leader di questi paesi parlano al telefono con Juncker fino a tre-quattro volte alla settimane, il governo Italiano è stata poco presente, non ha cercato, come fanno gli altri, di risolvere le grandi questioni aperte con la discussione e la volontà di capirsi reciprocamente, si lamenta a Bruxelles.
Inesattezze dei media italiani
Certe ipotesi, affermazioni e conclusioni della stampa nazionale a Roma e Milano sono poi inaccurate o del tutto false: come il fatto che Juncker sarebbe un uomo della cancelliera tedesca, Angela Merkel, pro-Germania, o pro-austerità e pro-rigore finanziario riguardo alle politiche di bilancio. Juncker non deve certo la sua elezione alla Merkel, che l'ha sostenuto sollo alla fine «obtorto collo». Non è stato appoggiato dalla cancelliera nel Ppe quando si presentò come leader candidato alla presidenza della Commissione, e anche dopo la vittoria alle elezioni europee del maggio 2014, Merkel fece capire che avrebbe preferito un altro al suo posto, e fu duramente criticata dalla stampa tedesca per questo.
Favorevole all'austerità?
E' difficile sostenere anche che sia favorevole all'austerità, Juncker: quand'era al governo lussemburghese sostenne la prima riforma del Patto di Stabilità (voluta da Francia e Germania, per renderlo meno «stupido», come disse l'allora presidente della Commissione, Romano Prodi); e l'anno scorso ha introdotto le famose clausole di flessibilità per i bilanci pubblici (una sorta di «circostanze attenuanti» ai paesi che deviano temporaneamente dal percorso di riduzione del deficit, se fanno investimenti pubblici e riforme strutturali). Il presidente della Commissione ha anche aperto alla possibilità di considerare fuori dal deficit la spesa pubblica straordinaria per affrontare la crisi migratoria (considerata come «evento eccezionale»). Sono tutte forme di flessibilità che l'Italia sta sfruttando in pieno con le leggi di Stabilità, che Bruxelles ha approvato contro il parere della Germania, e che in più ha accettato fossero anche cumulabili. In più, ricordano a Bruxelles, l'Italia è il paese che più sta finanziando progetti con gli investimenti del «piano Juncker», per il quale, va ricordato, grazie a una decisione della Commissione si possono impiegare fondi pubblici che non sono considerati ai fini del rispetto del Patto di stabilità.
Polemiche sull'immigrazione
La Commissione capisce ancora meno le ragioni della polemica sulla politica dell'immigrazione, per la quale l'Esecutivo Ue sta praticamente seguendo l'agenda italiana (in particolare con le «relocation»), si fa notare a Bruxelles. Anche la lettera di messa in mora all'Italia per la lentezza dell'attuazione del dispositivo l'identificazione e registrazione degli immigrati irregolari e richiedenti asilo (gli «hotspot»), la Commissione non si aspettava le reazioni virulente di Roma, visto che una lettera simile è stata inviata a diversi altri paesi.
Problemi di comunicazione
La mancanza del dialogo serrato dietro le quinte che si lamenta nella Commissione europea, a quanto si capisce, non riguarda la rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Ue, che svolge egregiamente il proprio ruolo, e che è guidata dall'ambasciatore Stefano Sannino, considerato ai piani alti dell'Esecutivo comunitario come il migliore rappresentante che l'Italia abbia mai avuto a Bruxelles (nonostante questo, Renzi ha deciso di rimuoverlo, offrendogli il posto di ambasciatore a Madrid, lasciando sgomenti gli uomini delle istituzioni Ue). Né si riferisce ai ministeri, che hanno contatti costanti con l'apparato dell'Esecutivo comunitario nel loro settore. Il vero problema sembra essere l'assenza di uno «sherpa», ovvero un rappresentante personale del premier, una sorta di consigliere diplomatico per l'Ue, che possa venire a Bruxelles regolarmente, stabilendo una rete di relazioni, e incontrando anche più volte alla settimana i vertici «tecnici» delle istituzioni, e in particolare, per la Commissione, il gabinetto Juncker. La ricetta per una comunicazione riuscita con Roma, insomma, è di avere sia un ottimo ambasciatore presso l'Ue che un ottimo sherpa del premier, e che quest'ultimo spieghi al premier ciò che pensano i vertici della Commissione e che dica alla Commissione che cosa pensa il premier. Perché la percezione oggi è che Renzi non sia adeguatamente informato.
(Con fonte Askanews)
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