18 aprile 2024
Aggiornato 23:00
Italia pronta a formare forze di sicurezza sudanesi

Migranti, l'Italia scommette sul Sudan contro il traffico nel Corno Africa

L'Europa e l'Italia scommettono sul Sudan per il successo del processo di Khartoum lanciato lo scorso anno a Roma, durante la presidenza italiana dell'Ue, per far fronte ai flussi di migranti che arrivano in Europa lungo la rotta che parte dal Corno d'Africa e contrastare il traffico di esseri umani

ROMA - L'Europa e l'Italia scommettono sul Sudan per il successo del processo di Khartoum lanciato lo scorso anno a Roma, durante la presidenza italiana dell'Ue, per far fronte ai flussi di migranti che arrivano in Europa lungo la rotta che parte dal Corno d'Africa e contrastare il traffico di esseri umani. Non a caso, il processo di Khartoum venne avviato nell'ottobre 2014 proprio nella capitale sudanese, a seguito del rilancio dei rapporti bilaterali e di cooperazione tra Italia e Sudan. E l'Italia ha confermato di essere «in prima linea per la collaborazione tra Europa e Corno d'Africa» nella visita fatta lo scorso fine settimana a Khartoum da una delegazione dei ministeri di Interni ed Esteri, volta a rilanciare le consultazioni bilaterali dopo anni di stallo, ma soprattutto a discutere di questioni migratorie. Anche in vista del vertice tra Ue e Paesi africani dedicato al fenomeno migratorio che si terrà l'11 e il 12 novembre a Malta.

Iniziativa italo-tedesca
Il processo di Khartoum è «una iniziativa a forte connotazione italo-tedesca», ha sottolineato ad askanews l'ambasciatore italiano in Sudan, Fabrizio Lobasso, ricordando l'impegno assunto a Roma, lo scorso novembre, dai ministri degli Esteri Paolo Gentiloni e Frank-Walter Steinmeier «ad affrontare alla radice il problema dell'immigrazione». L'iniziativa ha come primo obiettivo quello di affrontare la lotta al traffico di migranti e la tratta, potenziando le forze addette alla gestione delle frontiere, gli scambi di informazioni e di tecnologia per i controlli al confine e incrementando gli aiuti allo sviluppo.

Più cooperazione
«Serve più cooperazione tra Sudan e Unione europea per proteggere i richiedenti asilo, migliorare i controlli alle frontiere, combattere il traffico di esseri umani e fornire alternative valide ai migranti e alle comunità ospitate», ha sottolineato anche l'Ambasciatore Ue a Khartoum, Tomas Ulicny, durante la visita della scorsa settimana al campo profughi Wad Sharifey, nello Stato orientale di Kassala. Ulicny era accompagnato dagli ambasciatori di Italia, Germania, Regno Uniti, Francia, Olanda e Svezia. «Le cause del traffico umano e della tratta sono legate ai bassi tassi di sviluppo nell'Est del Sudan in particolare e nel Corno d'Africa in generale», ha rimarcato l'Ambasciatore. Dal 2011 a oggi, l'Ue ha garantito 79,5 milioni di euro per progetti di sviluppo nella zona orientale del Sudan, dove si trovano soprattutto profughi provenienti da Eritrea ed Etiopia. Profughi che vengono sistematicamente rapiti e poi «venduti» a bande criminali che li torturano per ottenere soldi dalle loro famiglie. L'ultimo rapimento di 14 profughi eritrei è stato denunciato dall'Onu solo lo scorso giugno. Nel febbraio 2014 Human Rights Watch denunciò il coinvolgimento di forze di sicurezza sudanesi ed egiziane nel traffico di esseri umani lungo la rotta per il Sinai.

Il negoziato
Negli incontri avuti a Khartoum lo scorso fine settimana, la delegazione italiana ha avviato quindi il negoziato per arrivare a un memorandum di intesa tra ministeri degli Interni dei due Paesi «per la collaborazione frontaliera e la formazione professionale» delle forze di sicurezza sudanesi, stando a quanto riferito dai media sudanesi e confermato ad askanews da Lobasso. Da parte sua, il direttore per i rapporti bilaterali del ministero degli Esteri di Khartoum, Dafalla Al Haj, ha riferito dell'impegno assunto dall'Italia per rafforzare le capacità delle istituzioni sudanesi preposte a contrastare il traffico di esseri umani e immigrazione illegale.

Dialogo
Oltre alla questione migratoria, al-Haj ha detto ai media sudanesi di aver «illustrato alla delegazione italiana la situazione politica nel Paese, in particolare l'ho aggiornata sul dialogo nazionale volto a garantire a tutti gli attori politici sudanesi la partecipazione nella definizione del futuro politico e del sistema di governance più consoni al Sudan», chiedendo al governo italiano di sostenere il dialogo nazionale e di intervenire presso i gruppi armati perchè accettino di partecipare al dialogo. Il dialogo è stato lanciato il 10 ottobre scorso dal presidente sudanese Omar al Bashir, al potere dal 1989 e ricercato dal 2009 dalla Corte penale dell'Aia (Cpi) per crimini di guerra e genocidio in Darfur, e la scorsa settimana Khartoum ha annunciato di aver accettato l'invito dell'Unione africana a partecipare a negoziati di pace con i ribelli il prossimo mese ad Addis Abeba. Ribelli attivi da diversi anni negli Stati del Nilo Blu, del Kordofan maridionale e del Darfur. Oltre al campo profughi dello Stato di Kassala, gli ambasciatori europei hanno visitato la scorsa settimana lo Stato Nilo Blu, sempre nell'Est del Paese, dove l'accesso agli aiuti umanitari è limitato proprio a causa del conflitto. «C'è bisogno urgente di assistenza umanitaria e di sviluppo nel Nilo Blu», ha detto il capo della delegazione europea, Ulicny. La cooperazione italiana è attiva da anni nelle zone orientali del Paese, in quanto ritenute quelle di maggiore necessità: solo lo scorso settembre il governo ha annunciato un contributo volontario di 600.000 euro per un progetto volto a rispondere ai bisogni alimentari delle famiglie rurali negli Stati di Kassala e del Red Sea soggette a disastri naturali. Complessivamente, dal 2000 ad oggi il Sudan ha beneficiato di finanziamenti a dono italiani per 128 milioni di euro, stando a quanto si legge sul sito della Cooperazione. E l'Unione Europea ha affidato proprio all'Italia la gestione di due progetti per lo sviluppo del sistema sanitario e il miglioramento dell'accesso alle cure delle popolazioni più vulnerabili negli Stati di Kassala, Gedaref e Red Sea, nell'Est del Sudan, per 13,1 milione di euro.

(Con fonte Askanews)