Argentina al ballottaggio, kirchnerismo sul viale del tramonto
Dalla certezza dei sondaggi alla quasi disperazione per un ballottaggio tutto in salita: dopo 13 anni di potere sul kirchnerismo, nella persona del candidato presidente e governatore della provincia di Buenos Aires, Daniel Scioli, cala l'ombra del tramonto definitivo.
BUENOS AIRES - Dalla certezza dei sondaggi alla quasi disperazione per un ballottaggio tutto in salita: dopo 13 anni di potere sul kirchnerismo, nella persona del candidato presidente e governatore della provincia di Buenos Aires, Daniel Scioli, cala l'ombra del tramonto definitivo.
All'appuntamento del 22 novembre si presenteranno dunque Scioli, che ha ottenuto il 36,8% dei voti, e Mauricio Macri, candidato liberale che ha raccolto a sorpresa il 34,3% dei voti. Rispetto alle primarie (obbligatorie per legge su tutto il territorio nazionale) Scioli ha peggiorato la sua performance del 2% mentre Nacri ha ottenuto quasi un 10% in più: non solo ha effettivamente sommato i voti degli altri candidati alle primarie della sua coalizione, Cambiemos, ma ha anche raccolto una buona parte di quel 7% di affluenza in più registratosi alle politiche.
A cambiare del tutto gli equilibri è stata l'ottima prova di Sergio massa, esponente del peronismo «dissidente» - ovvero, contrario alla politica dei Kirchner - che ha raccolto il 21% dei voti contro il 14% ottenuto alle primarie, sommando di fatto tutti i voti degli altri candidati e affondando la possibilità di un «voto utile» peronista che confermasse Scioli già al primo turno.
Tenendo presente che il peronismo abbraccia uno spettro politico assai ampio - dal centro destra al centro sinistra, con varie correnti unite dal mito di Juan Peron e Evita ma soprattutto da una pragmatica quanto tenace volontà di permanenza al potere - al ballottaggio si prefigura uno scenario inusuale: a meno che Scioli non riesca ad agglutinare il voto dissidente, a Macrì basterà assicurarsi una parte di quel 65% dell'elettorato che ha detto no al kircherismo per approdare alla Casa Rosada.
Il leader di «Cambiemos» e sindaco di Buenos Aires - unica vera forza di opposizione, al di là della lista di correnti nel peronismo - è un liberale, miliardario e presidente del Boca Juniors, che durante la campagna ha cercato di ritagliarsi una posizione «centrista» - arrivando peraltro a inaugurare una statua di Peron, tanto per non sbagliare.
Una tattica che ha pagato, al contrario di quella adottata dal suo amico (che ha ordinato espressamente di evitare qualsiasi attacco di natura personale durante al campagna) Scioli, che sconta l'ombra assai ingombrante del presidente, Cristina Fernandez de Kirchner, e una proporzionale mancanza di carisma personale che la macchina propagandistica del governo non è riuscita a compensare.
E' probabile che di qui al 22 novembre si assista a un cambio di rotta: già ieri sera Scioli, nell'unico commento a caldo, ha sottolineato che se fosse stato per Macri molte aziende oggi nazionalizzate sarebbero rimaste in mani private; ma dà l'impressione che all'interno del peronismo si sia arrivati a una resa dei conti e che una parte del partito - sufficientemente consistente da decidere l'esito del voto - sia disposta all'opposizione pur di liberarsi del clan dei Kirchner.
Qualunque sia l'esito finale, è certo che il nuovo governo sarà costretto - per volontà o per forza - a cambiare l'attuale politica economica: Lo stesso Scioli è di fatto schierato su posizioni assai più centriste rispetto all'attuale capo di Stato, che lo ha designato sì erede politico, ma senza alcun entusiasmo e per mancanza di alternative, marcandolo stretto durante tutta la campagna - e imponendogli il candidato alla vicepresidenza.
In particolare, da nuovo esecutivo ci si aspettano delle misure più favorevoli ai mercati e agli investimenti esteri e, di riflesso, migliori rapporti con gli Stati Uniti e minori legami con il fronte sudamericano più legato al chavismo o alle sue varianti: Venezuela, Bolivia, Paraguay ed Ecuador, ma anche il Brasile, alle prese con una dura recessione come peraltro la stessa Argentina.