29 marzo 2024
Aggiornato 11:30
Gli Usa pronti a dialogare con Mosca?

Siria, Washington arriva tardi: Putin ha già vinto

Secondo Der Spiegel, Washington starebbe seriamente considerando di coordinarsi con Mosca sulla Siria, per riguadagnare un po’ del terreno perduto con la discesa in campo di Vladimir Putin. Ma lo «svantaggio» da recuperare è già molto ampio...

Il Presidente russo, Vladimir Putin
Il Presidente russo, Vladimir Putin Foto: ANSA

DAMASCO – La crisi ucraina continua a ribollire, e a dividere il mondo in due. Washington e Mosca sono ancora terribili avversarie, che sembrano fissarsi in cagnesco da un capo all’altro del mappamondo. Ma su un altro campo di battaglia - quello siriano -, non c’è nulla da fare, Vladimir Putin ha già vinto. Non solo perché la Russia è stata fino ad ora l’unica potenza mondiale ad impegnarsi tenacemente contro l’Is (difendendo così, c’è da aggiungere, i suoi interessi nella partita); non solo perché la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti non ha fatto che buchi nell’acqua, ma soprattutto perché Mosca è stata in grado di dettare l’agenda all’eterno nemico occidentale.

Washington cerca di rimediare
Secondo quanto riportato da Der Spiegel, infatti, giovedì sera Barack Obama si sarebbe visto, riservatamente, con John Kerry, e l’argomento sarebbe stato proprio la Siria. In particolare, Washington starebbe valutando seriamente di fare ciò che, solo un paio di settimane fa, sarebbe stato semplicemente impensabile: iniziare a cooperare con la Russia dal punto di vista diplomatico. Un passo per nulla scontato, e non solo per lo stato in cui versano i rapporti tra Mosca e Washington: le agende delle due potenze in Siria, infatti, sono notoriamente contrapposte. Mosca, con l’obiettivo di abbattere l’Isis e di garantirsi un posto in prima fila nel dopo-conflitto, appoggia le truppe lealiste di Bashar al Assad; Washington, pur di rovesciare Assad, ha per molto tempo fomentato le scintille del fondamentalismo, salvo poi condurre raid contro lo Stato islamico che non hanno portato a nulla. Di qui, l’inatteso passo di Obama: secondo Der Spiegel, il tentativo sarebbe quello di «accodarsi» alla Russia per non essere totalmente marginalizzato nella partita.

I fallimenti di Obama
Proprio in tale prospettiva, atteso e temuto insieme è da Washington il discorso di Putin all’assemblea generale dell’Onu della prossima settimana. Il rischio è che gli Stati Uniti, in quell’occasione, vedano suggellato davanti al mondo intero l’assoluto protagonismo dell’eterno rivale, e palesata la propria inadeguatezza sul campo. D’altra parte, sulla situazione siriana il presidente Obama ha dovuto affrontare anche una buona dose di pressione interna. E’ ormai generalmente riconosciuto che il piano americano per respingere l’Isis, che comprende raid aerei e l’addestramento di 5000 ribelli, non è andato a buon fine. Di recente, il generale Lloyd Austin ha addirittura dovuto ammettere che solo «quattro o cinque» dei ribelli addestrati è in effetti attivo in Siria contro l’Isis. E in questo quadro impietoso, spicca Vladimir Putin.

Un dialogo difficile
Non è ancora chiaro come si esplicherà la disponibilità di Washington a cooperare con Mosca. Di certo, la strada sarà tutta in salita. Fino ad ora, infatti, l’obiettivo degli Usa – come ben spiegato dall’inviato del Sole24Ore Alberto Negri – è stato quello, secondo la strategia del «doppio contenimento», di «non assegnare la vittoria a nessuna delle parti in campo, sunnita o sciita che sia, ma tenere un bilanciamento delle forze che in qualche modo confermi una situazione di stallo». E un punto su cui gli Stati Uniti non sono mai stati d’accordo con Mosca o Teheran è l’idea della «transizione ordinata»: «un’uscita di scena di Assad ma non la fine del regime, la fine dei vertici militari o dell’Esercito siriano». Insomma, si parla di «cooperazione», ma pensarla nei fatti risulta ancora difficile: non rimane che attendere. Di certo, il tentativo di Washington di recuperare terreno su Mosca pare piuttosto rocambolesco. Perché, a fronte del fallimento di circa il 70% dei raid Usa e della continua espansione dello Stato islamico, l’unico a rompere gli indugi è stato Putin. Uno svantaggio che difficilmente Obama riuscirà a recuperare.