22 settembre 2023
Aggiornato 07:00
Per riprendere redini e tornare a votare

Turchia, il piano di Erdogan e la «strategia del caos»

Governo de facto e «sicurezza nazionale». Appare questa la ricetta adottata dall'esecutivo provvisorio di Ankara, in vista di un sempre più probabile ritorno alle urne. Di certo, Erdogan non vuole mollare

ISTANBUL (askanews) - Governo de facto e «sicurezza nazionale». Appare questa la ricetta adottata dall'esecutivo provvisorio di Ankara, in vista di un sempre più probabile ritorno alle urne, entro l'anno o al massimo in primavera. A due mesi dalle elezioni del 7 giugno scorso, la Turchia è infatti ancora priva di un governo. L'esecutivo provvisorio del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) ha perso la maggioranza assoluta detenuta per 13 anni in parlamento e la possibilità di formare da solo un governo per cui sono necessari 276 voti su 550, contro i 258 di cui dispone attualmente. La sconfitta elettorale dell'Akp è legata principalmente al successo del Partito filo-curdo democratico dei popoli (Hdp) che ha ottenuto il 13% dei voti, portando in parlamento 80 deputati.

Strategia del caos
Ma il presidente Recep Tayyip Erdogan, titolare di una carica rappresentativa, ma di fatto ancora leader dell'Akp e uomo forte sulla scena politica, non sembra affatto aver abbandonato l'obiettivo di formare un esecutivo Akp monocolore. Per questo bisogna tornare a votare, preparando nel frattempo il terreno, indebolendo gli avversari e mostrando tutta l'instabilità che il quadro uscito dalle precedenti legislative porta con sè: alcuni analisti l'hanno già battezzata la «strategia del caos». Più concretamente, gli ultimi sviluppi registrati in Turchia indicano che l'uscente gabinetto dei ministri dell'Akp intende continuare a tenere le redini del Paese con un governo di minoranza sostenuto dall'esterno, che avrebbe comunque vita breve, in vista di elezioni anticipate da tenersi a novembre o in primavera. Che potrebbero cambiare molto poco, avvertono sondaggi e opinionisti.

AKP E IL GOVERNO DI MINORANZA DE FACTO
Il risultato elettorale non ha impedito all'esecutivo provvisorio dell'Akp di prendere, nelle ultime settimane, delle decisioni molto importanti sul piano internazionale come l'apertura della Base militare di Incirlik alle forze di coalizione contro lo Stato islamico (Isis), guidate dagli Stati Uniti. Da due settimane Ankara ha iniziato anche a bombardare le postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) situati sui monti Qandil (nel Nord Iraq), in parallelo agli attentati e alle rappresaglie messi in atto dai militanti curdi in Turchia contro ufficiali dell'esercito e delle forze dell'ordine. E' saltato così il cessate il fuoco tra il Pkk e lo Stato turco dopo due anni di tregua, con immediate ripercussioni sul piano nazionale: l'arresto di oltre 800 persone, per la maggior parte attivisti politici Hdp, accusati di avere legami con il Pkk, come le inchieste penali avviate contro i dirigenti dell'Hdp, accusati altresì di essere associati al Pkk. Queste mosse sono state valutate da diversi osservatori come una tattica per creare una situazione di instabilità e tensione nel Paese, dove l'Hdp viene indicato come il principale responsabile della situazione, mentre solo un governo forte - quello dell'Akp - sarebbe in grado di ristabilire l'ordine.

LA FINE DELLE TRATTATIVE CON IL CHP
Intanto le trattative con il Partito repubblicano del popolo (Chp, seconda formazione del Paese con 132 seggi parlamentari) avviate dall'Akp 11 giorni si avviano a conclusione. Sebbene sia necessario attendere la comunicazione finale dei leader dei due partiti (il premier Ahmet Davutoglu per l'Akp e Kemal Kiliçdaroglu per il Chp) sull'esito delle trattative, secondo le ultime dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti delle due formazioni, l'eventualità di un accordo tra le parti risulta ormai molto lontana. Oggi il quotidiano Hurriyet pubblica un commento indirizzato «agli esausti elettori turchi», chiamati alle urne tre volte in 15 mesi, per sottolineare come il probabile prossimo voto potrebbe non sortire veri cambiamenti rispetto al quadro attuale: insomma, tanto rumore e tanti soldi, forse per nulla.

ERDOGAN E IL RUOLO CHIAVE DEL PARTITO NAZIONALISTA MHP
Il presidente Erdogan si è espresso a favore di elezioni anticipate fin dal risultato delle ultime consultazioni. Solo qualche giorno fa il presidente ha confermato di supportare l'idea di «un governo di minoranza» che conduca ad «elezioni anticipate». Un tale scenario sarebbe tuttavia possibile solo con il supporto del Partito di azione nazionalista (Mhp). Il partito finora si è sempre auto-escluso da qualsiasi scenario di coalizione, ma nelle scorse settimane ha contribuito in vario modo a rinforzare le posizioni dell'Akp. In questo senso vanno ricordati il supporto indiretto del Mhp al candidato Akp per la presidenza della camera e il recente «no» congiunto dei due partiti di destra alla proposta del Chp di istituire una commissione di inchiesta sugli atti terroristici che hanno colpito il Paese nelle scorse settimane.

IL FRONTE COMUNE CONTRO IL PARTITO CURDO
Il fattore che accomuna l'Akp e il Mhp in questo momento è l'antagonismo nei confronti del Partito filo-curdo della pace e della democrazia (Hdp). Il Mhp, da sempre contrario al processo di pace avviato dallo Stato turco con il movimento politico curdo/Pkk, da quando il 22 luglio scorso Ankara ha ufficialmente dichiarato che «il cessate il fuoco con il Pkk è terminato", si trova in tacita alleanza con il partito di Erdogan. Due giorni fa sono circolate dichiarazioni del vice dell'Mhp, Semih Yalçin, sul possibile «sostegno» del Mhp ad un governo di minoranza, «a condizione di andare ad elezioni anticipate a novembre». Sebbene le dichiarazioni siano poi state smentite dallo stesso politico, il leader del partito Devlet Bahçeli ha dichiarato in più di un'occasione di essere favorevole ad elezioni anticipate da svolgersi a novembre. In questo senso, un governo di minoranza Akp, servirebbe a evitare un «governo elettorale», secondo quanto previsto dalla Costituzione turca, che andrebbe ad assegnare a ciascun partito alcune poltrone ministeriali, in base al numero di seggi detenuti in parlamento. Un'eventualità, ricorda Abdülkadir Selvi, analista vicino alle posizioni del governo, aborrita sia dall'Akp che dal Mhp perchè porterebbe l'Hdp a ricevere fino a 4 poltrone ministeriali. «Il voto di fiducia per un eventuale governo di minoranza Akp non deve per forza ottenere l'appoggio di 276 deputati, quello serve a far cadere il governo. Per un governo di minoranza basta avere la maggioranza semplice dei voti. Non è quindi nemmeno necessario che il Mhp sostenga l'Akp, è sufficiente solo che si astenga dal voto», spiega l'analista. Tuttavia, il bacino di voti cui ambirebbe l'Akp nell'eventualità di elezioni anticipate, è proprio quello degli elettori nazionalisti del Mhp. Dunque resta da vedere fino a che punto il Mhp continuerà a fare il gioco dell'Akp e quando invece inizierà ad utilizzare i propri 80 deputati per metterlo in difficoltà in sede parlamentare.

LA POSIZIONE DELL'HDP, LA SOCIETÀ CIVILE E GLI ULTIMI SONDAGGI

Il partito curdo risulta al centro del fuoco incrociato del governo e del Pkk. Il co-leader della formazione Selahattin Demirtas in diverse occasioni ha invitato entrambe le parti a deporre le armi e a riavviare il dialogo per la pace. Un appello a cui si stanno sommando ogni giorno nuove voci della società civile, sollevando aspre critiche da parte di Ankara.

Nonostante le strategie messe in atto dal governo per attirare gli elettori dalla propria parte, gli ultimi sondaggi indicano un cambiamento minimo nelle scelte dell'elettorato rispetto alle consultazioni di giugno. Un sondaggio effettuato tra il 25-26 luglio alla società Gezici mostra che l'Akp è cresciuto nell'ultimo periodo solo l'1,5-2% dei voti, mentre quelli dell'Hdp sono rimasti pressocchè inalterati. Un'altra sorpresa riguarda la posizione degli intervistati riguardo ad una eventuale coalizione, con il 70% dei favorevoli. Forse è anche per vi adi questi dati che l'Akp vorrebbe attendere fino alla prossima primavera per rinnovare le elezioni. Guadagnare tempo risulta ancora essenziale per il partito di Erdogan.