12 ottobre 2025
Aggiornato 06:30
Dopo l'attacco turco all'Isis

Turchia, tra Obama ed Erdogan le elezioni anticipate e la questione curda

La collaborazione tra Erdogan e Obama in funzione anti-Isis è appena sancita, ma già scricchiola. Perché il vero obiettivo del presidente turco pare sia l'annientamento dei curdi, sui quali gli Usa hanno sempre contato per combattere lo Stato islamico...

ISTANBUL (askanews) - Dopo l'attentato kamikaze di lunedì 20 luglio da parte di un presunto membro dell'Isis (Stato islamico) dove sono morte 32 persone, seguito dall'uccisione di una guardia di frontiera per mano di militanti dello stesso gruppo jihadista, il 23 giugno scorso, per la prima volta, la Turchia ha condotto dei bombardamenti aerei sulle postazioni dell'Isis in Siria.

La presa di posizione di Ankara
Finora Ankara, di fronte ai bombardamenti della coalizione anti-Isis (Stato islamico) costituita nel settembre del 2014 e guidata dagli Stati Uniti, si era sempre tenuta in disparte, adducendo a motivi di sicurezza nazionale. L'inversione di rotta del governo turco, accusato in diverse occasioni di sostenere logisticamente l'Isis, è stata benvenuta quale definitiva presa di posizione nei confronti del gruppo jihadista. L'azione di Ankara è stata inoltre considerata come una conseguenza della collaborazione tra gli USA e la Turchia contro l'Isis, suggellata dall'accordo del 18 luglio scorso, con cui il governo turco ha acconsentito di permettere agli USA l'utilizzo della base militare di Incirlik, nel sud della Turchia, per gli attacchi della coalizione.

Fine del cessate il fuoco con il Pkk
Ma l'operazione anti-Isis di Ankara ha assunto un'altra dimensione quando il 24 luglio i bombardamenti degli F-16 turchi hanno iniziato a colpire un altro obiettivo, prendendo di mira le postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) situati sul monte Qandil, nel Nord dell'Iraq. L'episodio ha segnato da parte turca la fine del cessate il fuoco con il Pkk in corso dal 2013, mettendo in serio dubbio il futuro delle trattative di pace con il movimento politico curdo. A creare ulteriore tensione nel Paese, le operazioni di polizia condotte in oltre trenta città turche che hanno portato al fermo di 1050 presunti membri del Pkk, della sinistra radicale e dell'Isis, con questi ultimi in netta minoranza numerica rispetto ai primi. I bombardamenti diretti al Pkk sarebbero, nelle intenzioni dichiarate dal primo ministro Ahmet Davutoglu, una risposta agli attentati e alle rappresaglie messi in atto dai militanti curdi dalla data delle elezioni tenute il 7 giugno scorso. «Il numero dei loro attentati la dice lunga su chi vuole interrompere la tregua», ha affermato il premier.

Una guerra sua due fronti
Le scelte attuate dal governo dimissionario del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp, che alle ultime politiche, per la prima volta dopo 13 anni non ha ottenuto la maggioranza necessaria per guidare da solo il Paese per via dell'alta percentuale di preferenze ottenute dal partito filo-curdo democratico dei popoli, Hdp) sono causa di grande sconcerto in Turchia. Gli osservatori accusano l'esecutivo di fomentare una guerra su due fronti che vede da una parte l'Isis e dall'altra il Pkk. Un esecutivo, ancora in carica per volere del presidente Recep Tayyip Erdogan, che fino a dieci giorni fa era unicamente concentrato a condurre le trattative per formare un'eventuale coalizione.

Le assicurazioni Usa riguardano i curdi?
Secondo diversi analisti l'inversione di strategia adottata dall'Akp ha due finalità, entrambe legate alla questione curda. La prima è orientata a contrastare l'unione dei tre cantoni autonomi curdi di Kobane, Afrin e Jazira in Siria. L'eventualità di una regione autonoma curda al proprio confine meridionale è un'idea da sempre avversata da Ankara, la quale teme che questo scenario possa estendersi anche nelle regioni sudorientali del Paese, a maggioranza curda. Grazie all'accordo raggiunto con Washington, la Turchia avrebbe ora concessa una delle condizioni avanzate da lunga data per un intervento in Siria: la formazione di una «zona cuscinetto» sulla riva occidentale dell'Eufrate fino alle provincia di Aleppo, sgomberata dall'Isis e finalizzata ad accogliere le nuove ondate di profughi siriani. La zona verrebbe pattugliata da «forze ribelli moderate», ossia, «membri dell'esercito libero siriano e forze moderate che collaborano con noi» e «che devono ricevere protezione aerea», ha spiegato Davutoglu in un'intervista, aggiungendo laconicamente che nell'accordo raggiunto con gli USA «sono stati inseriti in una certa misura degli elementi relativi ad alcune preoccupazioni ed aspettative che avevamo. Ma non posso entrare nei dettagli».

Il ruolo dei curdi contro l'Isis
La questione si rende complicata per il fatto che fino ad ora le forze ribelli che hanno combattuto - e tutt'ora combattono - in maniera più attiva contro l'Isis, con il supporto della coalizione USA, sono rappresentate dalle milizie curde dell'Unità di difesa popolare (Ypg/Ypj), braccio armato del Partito di unione democratica (Pyd) «fratello» del Pkk, considerati entrambi «organizzazioni terroriste» dalla Turchia , dagli Stati Uniti e dall'Unione europea. Finora la stretta collaborazione di Washington con i curdi siriani contro l'Isis aveva trovato una base di legittimazione nel processo di pace condotto dagli alleati turchi con il Pkk. Ma i negoziati fermi da diversi mesi, i recenti attacchi a militari e forze dell'ordine del Pkk e il successo alle elezioni dell'Hdp - accusato dal governo di sostenere gli «atti terroristici» del Pkk - hanno cambiato le carte in gioco e pare che Ankara abbia lasciato da parte l'approccio cauto e dialogante optando per lo scontro nella questione curda. Una prospettiva molto pericolosa che potrebbe trascinare la Turchia nella situazione di violenza degli anni '90.  Secondo diversi osservatori si tratterebbe soprattutto di una tattica in vista di eventuali - e sempre più probabili - elezioni anticipate per riattirare all'AKP i voti degli elettori nazionalisti perduti per via delle trattative di pace con i curdi.

L'ambigua posizione degli Usa
Mentre la Russia e l'Iran continuano a premere per una «soluzione politica» e il presidente USA Barack Obama afferma che è prioritario convincere tutti gli attori della regione ad «un passaggio politico» in Siria, resta da vedere quale sarà l'esito dell'accordo tra Ankara e Washington. Se da una parte, con la concessione della base militare di Incirlik agli USA, sembra che gli americani abbiano deciso di prendere le distanze dal Ypg, dall'altra non sembrano disposti ad accettare alcun attacco che potrebbe provenire da Ankara ai militanti curdi, che restano sempre un avamposto essenziale nella lotta contro l'Isis per gli americani. «Per quanto gli USA condannino le azioni del Pkk davanti all'opinione pubblica», scrive la giornalista Amberin Zaman, «le autorità statunitensi chiamano la controparte turca a non procedere oltre con le operazioni militari. Perchè in fin dei conti un danno causato al Pkk danneggia anche il Ypg. La Turchia vorrebbe colpire il Ypg, ma non può farlo perchè vi si oppongono gli USA e dunque attacca il Pkk. Vedremo quanto a lungo potrà continuare a farlo», conclude.