29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Ricostruzione delle istituzioni in Libia

Libia: La Russa, sugli aiuti no ad intese bilaterali

Il Ministro della Difesa: «Possibile coalizione di volenterosi sotto cappello ONU». La NATO conferma: l'operazione militare finirà il 31. USA: in 8 mesi speso meno che in 7 giorni in Afghanistan

ROMA - Nel caso in cui la comunità internazionale dovesse decidere di contribuire alla ricostruzione delle istituzioni in Libia, su richiesta delle legittime autorità locali, «la preferenza dell'Italia è che non ci siano rapporti bilaterali» ma un'azione collettiva sull'esempio di quella appena discussa a Doha, ovvero una Coalizione di Amici della Libia. E' quanto ha spiegato oggi il ministro della Difesa Ignazio La Russa, a margin del suo incontro a Roma con l'omologo britannico Phil Hammond.

«E' possibile che si costituisca una coalizione di volenterosi, di Amici della Libia», ha insistito La Russa. «Non è necessario che sia sotto il cappello Nato, anzi, potrebbe essere Onu. In ogni caso dovrebbe trattarsi di una soluzione collegiale, non di scavalcamento» degli alleati.
In ogni caso, ancora nulla è stato deciso, anche se il ministro auspica un incontro sul tema con gli alleati europei in tempi «molto rapidi». «L'incontro di Doha lo stiamo valutando, avremmo preferito prima una riunione politica e poi tecnica, non viceversa», ha spiegato La Russa. L'Italia «non vuole scavalcare nessuno, dobbiamo camminare insieme senza competizione, serve un accordo tra tutti i Paesi europei per affrontare la ricostruzione della Libia» che «ha le risorse» dovute e necessita solo «di un supporto tecnico e politico».
E della Libia si è parlato anche con il ministro Hammond. Il nuovo segretario alla Difesa, ha confermato La Russa, «ci ha ringraziato per l'ospitalità delle nostre basi per la missione Unified Protector e si è informato sulla possibilità di continuare ad ospitare i loro aerei in caso di una nuova missione di sorveglianza aerea in Libia».

Nato conferma: l'operazione militare finirà il 31 - La Nato ha deciso formalmente che il termine della missione militare in Libia - in corso ormai da sette mesi - sarà il 31 ottobre. Lo hanno riferito fonti diplomatiche, citate dall'agenzia France Presse. «Fine delle operazioni il 31 ottobre, deciso all'unanimità» ha indicato una fonte diplomatica dell'Alleanza, al termine di una riunione del Consiglio atlantico a Bruxelles allargato ai cinque paesi non membri che hanno preso parte all'operazione nel paese nordafricano (Qatar, Emirati Arabi, Marocco, Giordania e Svezia).
Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen farà un annuncio ufficiale in giornata, ma sul suo profilo Twitter ha già confermato: «Il Consiglio della Nato ha confermato la decisione presa una settimana fa: l'Operazione in Libia terminerà il 31 ottobre 2011. Il nostro compito militare è ormai compiuto». E in effetti, l'Alleanza Atlantica aveva preso venerdì scorso - cioè all'indomani della morte dell'ex leader libico Muammar Gheddafi - la decisione, a titolo provvisorio, di mettere termine alla sua operazione il 31 ottobre, ossia sette mesi dopo i primi bombardamenti da parte dei suoi aerei.
Ieri il Consiglio di Sicurezza dell'Onu aveva, da parte sua, revocato il mandato che autorizzava la comunità internazionale al ricorso alla forza militare in Libia. Era infatti sulla base delle risoluzioni 1970 e 1973 del Consiglio di sicurezza - che avevano imposto dure sanzioni contro il regime del Colonnello e autorizzato ogni «misura» necessaria a proteggere i civili - che la Nato aveva lanciato la sua operazione Unified Protector. Nei fatti, l'embargo sulle armi a Gheddafi e i circa 26mila raid aerei della Nato, di cui oltre 9.650 con scopo «offensivo», hanno ampiamente contribuito al cambio di regime in Libia dopo oltre quarant'anni di dittatura, anche se ciò non ha mai rappresentato l'obiettivo ufficiale della missione.

Conversando con i giornalisti ieri a Berlino, Rasmussen aveva già definito «totalmente compiuta» la missione, aggiungendo che non prevedeva alcun ruolo fondamentale per la sua organizzazione nel futuro della Libia, ma anche che l'Alleanza sarebbe stata disponibile - se il nuovo governo di Tripoli l'avesse chiesto - a sostenere la sua transizione democratica. In realtà il Consiglio nazionale transitorio aveva espresso nelle ultime ore l'auspicio che l'operazione multinazionale durasse «almeno fino alla fine dell'anno».
Oggi il quotidiano sudafricano Beeld scrive che un cospicuo gruppo di mercenari sudafricani si troverebbe ancora in Libia e starebbe tentando di far uscire dal Paese Saif al-Islam, secondogenito del defunto rais. Secondo altre fonti, Saif al-Islam avrebbe raggiunto martedì la frontiera del Niger per cercarvi rifugio. Il ministro degli Esteri britannico William Hague, dopo la risoluzione Onu di ieri ha parlato di una «nuova era» per il paese nordafricano, in cui le nuove «autorità hanno il dovere di proteggere i diritti umani e impedire rappresaglie e vendette».
Dalla riunione dell'altro ieri a Doha dei capi di Stato maggiore dei paesi impegnati nella missione Nato in Libia, si sta facendo strada l'ipotesi di un nuovo intervento multinazionale - al di fuori dell'ambito Nato - che possa affiancare le nuove forze di sicurezza libiche in attività che vanno dall'addestramento al sequestro delle armi ancora in mano a miliziani fedeli all'ex rais o a cani sciolti.

USA: in 8 mesi speso meno che in 7 giorni in Afghanistan - Gli Stati Uniti hanno speso meno in otto mesi in Libia che in una settimana in Afghanistan o in Iraq. Lo ha affermato un consigliere del presidente Barack Obama, spiegando cosa intende Washington quando parla di «dividere il peso» delle operazioni militari all'estero.
«Dividere l'onere è più che uno slogan. Ciò vuol dire condividere i costi. Il nostro contributo totale in quasi otto mesi di operazioni in Libia ammonterà a circa 1,2 miliardi di dollari, una frazione del contributo internazionale totale, e meno del costo di una settimana di operazioni in Afghanistan o in Iraq», ha spiegato Tom Donilon, consulente di sicurezza nazionale di Obama, in un forum pubblicato dal Washington Post.
Secondo Donilon, la fine del regime del colonnello Muammar Gheddafi «evidenzia il valore insostituibile e unico della preminenza degli Stati Uniti su alleanze forti», come la Nato. Il consulente ha elogiato il contributo all'operazione di altri Paesi della Nato ed esterni all'alleanza, e ha affermato che l'approccio definito da Obama in Libia aveva «assecondato i nostri obiettivi e portato a una divisione dei compiti che ha permesso agli altri (membri della coalizione) di contribuire secondo le loro capacità e i loro interessi».
«Le alleanze e i partenariati degli Stati Uniti sono una fonte costante della nostra forza nazionale e della nostra preminenza mondiale, che aiutano a sostenere la nostra sicurezza, a stabilire la nostra prosperità e promuovere i nostri valori», ha aggiunto Donilon. Dopo la morte di Gheddafi il 20 ottobre, Obama aveva evidenziato che l'operazione libica aveva «mostrato la nostra capacità di lavorare di concerto come Comunità internazionale» e se ne era detto «fiero».