29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Reazioni fredde alle parole del Presidente americano

Obama cerca il rilancio del processo di pace

«Sosterremo la primavera araba con miliardi di aiuti economici»

ROMA - Gli Stati uniti sosterranno senza esitazioni i movimenti di libertà nei Paesi arabi, anche con aiuti per miliardi di dollari: ma israeliani e palestinesi devono rimettersi al tavolo dei negoziati e fare concessioni reciproche, con un accordo che porti a due Stati indipendenti, con le frontiere del 1967 ed eventuali scambi di territori. Nell'atteso discorso sulla politica americana in Medio oriente, pronunciato ieri al Dipartimento di Stato, il presidente americano non ha evitato l'argomento più difficile, la questione israelo-palestinese che da decenni avvelena i rapporti fra occidente e Paesi arabi, ma le prime reazioni sono state fredde.

Nel momento in cui i popoli di Medio Oriente e Nord Africa stanno liberandosi dei pesi del passato, la spinta per una pace duratura che risolva il conflitto e risolva tutte le richieste è più urgente che mai», ha detto Obama. Le frontiere dovranno essere fondate su quelle del 1967 e la Palestina dovrà essere uno stato «sovrano e non militarizzato», ha affermato il capo di Stato americano, che ha anche messo in guardia i palestinesi: «Azioni simboliche per isolare Israele alle Nazioni Unite a settembre non creeranno uno stato indipendente, ha detto, «i leader palestinesi non otterranno la pace o la prosperità se Hamas insiste con il terrore e il rifiuto, e i palestinesi non avranno mai l'indipendenza negando il diritto di Israele a esistere».

Ma il premier israeliano Benjamin Netanyahu, alla vigilia di un viaggio negli Stati uniti, ha subito escluso qualsiasi ipotesi di un «ritorno alle frontiere del giugno '67», mentre il movimento integralista palestinese Hamas ha invitato Obama ad «atti concreti per proteggere i diritti dei palestinesi e della nazione arabe» e a «non aggiungere slogan». «Hamas non riconoscerà l'occupazione (di Israele, ndr) in qualunque modo essa avvenga» ha dichiarato Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas a Gaza. Il presidente dell'autorità palestinese Abu Mazen, da parte sua, ha chiesto a Israele di «dare al processo di pace la chance che merita», e ha convocato il direttivo palestinese ad una riunione urgente sul discorso di Obama.

Prima di affrontare alla fine del suo discorso il conflitto israelo-palestinese, il presidente americano ha insistito sui cambiamenti epocali che le nuove generazioni stanno mettendo in atto nei Paesi arabi: «Gli eventi degli ultimi sei mesi ci mostrano che le strategie di repressione (...) non funzioneranno più», ha detto. «I telefoni cellulari e le reti sociali permettono ai giovani di collegarsi, è emersa una nuova generazione e la sua voce ci dice che il cambiamento non può essere negato». Altri tiranni cadranno dopo quelli di Tunisia ed Egitto, ha previsto Obama, secondo cui il presidente siriano Bashar al Assad «ha una scelta: può guidare la transizione» democratica «chiesta a gran voce dal popolo siriano» o «lasciare il potere». E anche la caduta di Gheddafi, ha fatto capire Obama, è solo una questione di tempo.

Ma il numero uno della Casa Bianca ha promesso anche aiuti concreti, un miliardo di debiti annullati e un miliardo di prestiti per l'Egitto, mentre Washington ha chiesto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale di presentare un piano al vertice G8 della settimana prossima per «stabilizzare e modernizzare le economie di Tunisia ed Egitto»: nell'era di internet e dei servizi avanzati, ha detto il presidente, l'economia di questi paesi non può basarsi più «soltanto sul petrolio».